Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Chiarito come si diffonde l'infiammazione nel cervello

 

Dei ricercatori hanno identificato un nuovo meccanismo attraverso il quale l'infiammazione può diffondersi in tutto il cervello dopo una lesione. Questo meccanismo può spiegare l'infiammazione diffusa e di lunga durata che insorge dopo una lesione traumatica del cervello, e che può avere un ruolo in altre malattie neurodegenerative (come l'Alzheimer).


Lo studio è stato pubblicati ieri sul Journal of Neuroinflammation.


Queste nuove informazioni hanno il potenziale di trasformare il modo di capire e, in ultima analisi, di trattare l'infiammazione del cervello. I ricercatori hanno dimostrato che, dopo una lesione cerebrale traumatica (TBI) sperimentale, delle microparticelle derivate da cellule infiammatorie cerebrali risultano marcatamente aumentate sia nel cervello che nel sangue.


Queste microparticelle portano fattori pro-infiammatori che possono attivare le normali cellule del sistema immunitario, rendendole potenzialmente tossiche per i neuroni del cervello. L'iniezione di queste microparticelle nel cervello di animali non lesi crea infiammazione progressiva sia nel sito di iniezione che, infine, nei siti più lontani.


La ricerca ha scoperto che la neuroinfiammazione spesso continua per anni dopo un trauma cranico, causando danni cerebrali cronici. I ricercatori dicono che le microparticelle possono avere un ruolo chiave in questo processo.


L'infiammazione cronica è sempre più coinvolta nella perdita progressiva di cellule e nei cambiamenti neurologici che avvengono dopo un trauma cranico. Queste microparticelle infiammatorie possono essere un meccanismo chiave per l'infiammazione cronica cerebrale progressiva e possono rappresentare un nuovo bersaglio per il trattamento delle lesioni cerebrali.


"Questi risultati ci danno potenzialmente un nuovo quadro concettuale per capire l'infiammazione del cervello e il suo rapporto con la perdita di cellule cerebrali e i deficit neurologici a seguito di una lesione alla testa, e possono essere rilevanti per altre patologie neurodegenerative come l'Alzheimer, in cui la neuroinfiammazione può avere un ruolo", ha detto il Dr. Alan Faden della University of Maryland. "L'idea che l'infiammazione del cervello possa innescare altra infiammazione a distanza attraverso il rilascio di microparticelle può offrire obiettivi innovativi di trattamento per una serie di malattie importanti del cervello".


I ricercatori hanno scoperto sui topi che i livelli di microparticelle nel sangue erano molto più alti negli animali che avevano avuto una lesione cerebrale traumatica. Poiché ogni tipo di cellula del corpo ha una impronta digitale distinta, i ricercatori hanno potuto monitorare esattamente da dove provenivano le microparticelle.


Le microparticelle che hanno esaminato in questo studio sono rilasciate dalle microglia, cellule immunitarie che sono comuni nel cervello. Dopo un infortunio, queste cellule hanno spesso una reazione eccessiva, nel tentativo di risolvere il danno. Ma questa risposta fuori misura può cambiare le risposte infiammatorie protettive in altre che sono distruttive croniche.


I risultati hanno importanti implicazioni cliniche potenziali. I ricercatori dicono che le microparticelle nel sangue potrebbero diventare un biomarcatore, che aiuta a determinare quanto può essere grave il danno cerebrale. Questo potrebbe aiutare a delineare il trattamento delle lesioni, la cui gravità è spesso difficile da valutare.


Hanno anche scoperto che le microparticelle infiammatorie potevano essere neutralizzate con esponendole ad un composto chiamato PEG-TB. Questo apre la possibilità di utilizzare tale composto o altri per trattare le TBI, e forse anche altre malattie neurodegenerative.

 

 

 


Fonte: University of Maryland via EurekAlert! (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Pressione bassa potrebbe essere uno dei colpevoli della demenza

2.10.2019 | Esperienze & Opinioni

Invecchiando, le persone spesso hanno un declino della funzione cerebrale e spesso si pr...

Demenze: forti differenze regionali nell’assistenza, al Nord test diagnostici …

30.01.2024 | Annunci & info

In Iss il Convegno finale del Fondo per l’Alzheimer e le Demenze, presentate le prime linee guida...

L'esercizio fisico genera nuovi neuroni cerebrali e migliora la cognizion…

10.09.2018 | Ricerche

Uno studio condotto dal team di ricerca del Massachusetts General Hospital (MGH) ha scop...

Scoperto il punto esatto del cervello dove nasce l'Alzheimer: non è l…

17.02.2016 | Ricerche

Una regione cruciale ma vulnerabile del cervello sembra essere il primo posto colpito da...

Studio dimostra il ruolo dei batteri intestinali nelle neurodegenerazioni

7.10.2016 | Ricerche

L'Alzheimer (AD), il Parkinson (PD) e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono tutte ...

Convalidare il sentimento aiuta meglio di criticare o sminuire

30.03.2020 | Ricerche

Sostenere i tuoi amici e la famiglia può aiutarli a superare questi tempi di incertezza...

Il caregiving non fa male alla salute come si pensava, dice uno studio

11.04.2019 | Ricerche

Per decenni, gli studi nelle riviste di ricerca e la stampa popolare hanno riferito che ...

Scoperta inaspettata: proteine infiammatorie possono rallentare il declino cog…

5.07.2021 | Ricerche

Finora la ricerca aveva collegato l'infiammazione al morbo di Alzheimer (MA), però scien...

Laser a infrarossi distrugge le placche di amiloide nell'Alzheimer

7.08.2020 | Ricerche

L'aggregazione di proteine ​​in strutture chiamate 'placche amiloidi' è una caratteristi...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

Età degli organi biologici prevede il rischio di malattia con decenni di antic…

11.03.2025 | Ricerche

I nostri organi invecchiano a ritmi diversi e un esame del sangue che determina quanto ciascuno è...

Rete nascosta di enzimi responsabile della perdita di sinapsi nell'Alzhei…

8.12.2020 | Ricerche

Un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA) eseguito da scienziati dello Scripps Researc...

Accumulo di proteine sulle gocce di grasso implicato nell'Alzheimer ad es…

21.02.2024 | Ricerche

In uno studio durato 5 anni, Sarah Cohen PhD, biologa cellulare della UNC e Ian Windham della Rockef...

Zen e mitocondri: il macchinario della morte rende più sana la vita

20.11.2023 | Ricerche

Sebbene tutti noi aspiriamo a una vita lunga, ciò che è più ambito è un lungo periodo di...

L'invecchiamento è guidato da geni sbilanciati

21.12.2022 | Ricerche

Il meccanismo appena scoperto è presente in vari tipi di animali, compresi gli esseri umani.

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

Come dormiamo oggi può prevedere quando inizia l'Alzheimer

8.09.2020 | Ricerche

Cosa faresti se sapessi quanto tempo hai prima che insorga il morbo di Alzheimer (MA)? N...

Preoccupazione, gelosia e malumore alzano rischio di Alzheimer per le donne

6.10.2014 | Ricerche

Le donne che sono ansiose, gelose o di cattivo umore e angustiate in me...

La nostra identità è definita dal nostro carattere morale

24.06.2019 | Esperienze & Opinioni

Ti sei mai chiesto cos'è che ti rende te stesso? Se tutti i tuoi ricordi dovessero svani...

Districare la tau: ricercatori trovano 'obiettivo maneggiabile' per …

30.01.2019 | Ricerche

L'accumulo di placche di amiloide beta (Aβ) e grovigli di una proteina chiamata tau nel ...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

Seguici su

 
enfrdeites

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.