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Dopo un danno cerebrale, emerge l'estro creativo di alcuni

L'artista Katherine Sherwood aveva appena 44 anni quando una emorragia nell'emisfero sinistro del cervello le ha paralizzato il lato destro del corpo - cambiando per sempre la sua opera d'arte.

Prima dell'ictus, nel 1997, i suoi quadri a tecnica mista evidenziavano immagini strane e criptiche: sigilli medievali, travestiti, carte di bingo. I critici d'arte chiamavano il suo lavoro cerebrale e premeditato.

La sua creatività, dice un professore dell'UC Berkeley, era una lotta intellettuale e spesso piena di angoscia.

Katherine SherwoodL'artista Katherine Sherwood aveva 44 anni quando un'emorragia nell'emisfero sinistro del cervello le ha paralizzato il lato destro del corpo. Dopo di che, però, la sua opera è radicalmente cambiata. (Dave Getzschman per il Los Angeles Times)
Dopo l'ictus, non poteva più dipingere su tele montate in verticale, così le stendeva in piano, muovendosi intorno ad esse in una sedia a rotelle. Ha imparato a lavorare con la mano sinistra, aveva un controllo motorio meno preciso, ma era più libera e naturale nei suoi movimenti. Ha cominciato a utilizzare tipi di vernice diversi, meno tossici, arrivando a nuovi tipi di effetti visivi. E cominciò a esplorare più a fondo la bellezza dei vasi sanguigni nel cervello dopo aver visto alcune delle sue scansioni cerebrali.

I critici hanno chiamato il nuovo lavoro intuitivo e crudo, più vibrante, astratto, espressivo. Anche il suo atteggiamento era cambiato: "I colori che avevo cominciato a usare si screpolavano - e prima dell'ictus, ne sarei stata sconvolta", dice.

"Ma dopo l'ictus ho pensato che sembrava interessante e, ho creduto che fosse parte del linguaggio metaforico del dipinto. Inoltre, ho davvero visto i dipinti confermare la mia capacità di vivere". Per Sherwood, i danni cerebrali e il conseguente cambio nella sua arte ha portato a premi, esposizioni in musei e un nuovo livello di successo di critica. Per gli scienziati, le esperienze come la sua aiutano a illuminare il funzionamento del cervello.

In numero crescente, le persone con Alzheimer, emicranie, autismo, epilessia e altre stanno raccogliendo pennelli o matite per dipingere o disegnare su carta. Alcuni sono artisti del calibro di Sherwood che continuano a produrre opere in modo prolifico dopo il danno cerebrale e trovano il loro lavoro radicalmente cambiato. Altri si rivolgono all'arte solo dopo che è intervenuta una malattia, e possono anche essere ispirati da essa. Entrambi i gruppi stanno aiutando i ricercatori a svelare i modi complicati e intrecciati in cui la biologia produce la creatività, compresi i contributi dell'inibizione, dell'ossessione e di altri tratti della personalità. "In pratica non esistono situazioni in cui un danno cerebrale migliori le cose", dice Anjan Chatterjee, neurologo della University of Pennsylvania a Philadelphia, che sta lavorando a un libro sull'arte e il cervello. "Ma l'arte è", aggiunge, "uno dei pochi aspetti complessi della cognizione umana che non deve necessariamente peggiorare. Pensate a un oggetto in cui pesi diversi stabiliscono un qualche tipo di equilibrio", dice. "Se si tolgono alcuni pesi, l'intero sistema si adegua. In alcuni casi, l'arte finisce per essere altrettanto bella. In altri casi, è ancora più bella".

Lester Potts non aveva mai preso in mano un pennello prima della diagnosi di Alzheimer nel 2001, all'età di 72 anni. Aveva lavorato in una segheria rurale dell'Alabama durane la Grande Depressione. Ha prestato servizio nella guerra di Corea ed è diventato un leader civile equilibrato e credibile. Ma quando il suo disturbo cerebrale lo ha colpito, Potts ha perso la capacità di prendersi cura di se stesso, ed è caduto in depressione. Dipingere con acquarelli nell'ambito di un programma di terapia, lo ha sostenuto, dice il figlio Daniel C. Potts. Ancora più sorprendente, il padre aveva del talento. Quando Lester ha portato a casa la sua prima creazione (un colibrì viola brillante e giallo con le ali verdi e una testa rossa) la moglie gli ha chiesto chi gli aveva dato quel bel quadro.

Con la progressione della malattia di Lester, anche i suoi dipinti si sono evoluti. E anche se aveva perso la capacità di parlare o scrivere prima della sua morte nel 2007, la sua opera ha continuato a esprimere temi della sua giovinezza, offrendo conforto alla sua famiglia e uno sguardo affascinante nel cervello di una persona con una malattia degenerativa e ancora misteriosa. "E' un fenomeno noto che la gente possa trovare capacità artistiche che erano precedentemente sconosciute quando insorge l'Alzheimer e altri tipi di demenza", spiega Daniel Potts, che è neurologo alla School of Medicine dell'Università di Alabama e presidente di Cognitive Dynamics, fondazione che mira a migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità cognitive. Per suo padre, egli dice, "ritrovare questa energia creativa e di talento ha mantenuto il suo senso di autostima e la sua dignità umana".

Attraverso lo studio delle opere d'arte come quelle di Potts che emergono da diversi tipi di demenza, gli scienziati hanno iniziato a mappare le zone del cervello che interagiscono sia per ispirare che inibire la creazione artistica. I pazienti con la categoria di degenerazione del cervello chiamata demenza frontotemporale, o FTD, sono stati particolarmente illuminanti. Nel loro caso, i danni alla parte anteriore ed ai lati del cervello, tendono a interferire con le fonti della personalità, del comportamento e del linguaggio. Come risultato, i cambiamenti di personalità possono essere drastici, tendendo all'ossessivo e meticoloso. Le persone con FTD spesso sviluppano doti artistiche solo dopo che la malattia coplisce, dice Chatterjee. La loro arte di solito comporta temi concreti e realistici, e spesso producono le stesse immagini più e più volte, con piccole variazioni.

Anne Adams, ricercatrice dell'Università della Columbia Britannica, per esempio, ha iniziato a dipingere solo dopo l'inizio di un tipo di FTD che ha attaccato le reti del linguaggio nel suo cervello. Non potendo più parlare, è rifiorita la sua creatività artistica.

 


Scritto da Emily Sohn nel Los Angeles Times il 20 maggio 2011 - Traduzione di Traduzione di Franco Pellizzari.

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