Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Il cervello memorizza ritmicamente

Il cervello impara attraverso i cambiamenti nella forza delle sue sinapsi - le connessioni tra i neuroni - in risposta a stimoli.

Ora, in una scoperta che sfida la saggezza convenzionale sui meccanismi cerebrali dell'apprendimento, neuro-fisici dell'UCLA hanno trovato che c'è un "ritmo" ottimale, o frequenza, del cervello, che cambia la forza sinaptica.

E ancora, come le stazioni su una radio, ogni sinapsi è sintonizzata su una frequenza ottimale diversa per l'apprendimento. I risultati, che forniscono una grande teoria unificata sui meccanismi che sono alla base dell'apprendimento del cervello, può portare a possibili nuove terapie per il trattamento delle disabilità di apprendimento.

Lo studio compare nel numero corrente della rivista Frontiers in Computational Neuroscience. "Molte persone hanno disturbi della memoria e dell'apprendimento e, a parte quel gruppo, la maggior parte di noi non sono Einstein o Mozart", ha detto Mayank R. Mehta, autore senior dello studio e professore associato nei reparti UCLA di neurologia, neurobiologia, fisica e astronomia. "Il nostro lavoro suggerisce che alcuni problemi con l'apprendimento e la memoria sono causati da sinapsi non sintonizzate sulla frequenza giusta".

Un cambiamento nella forza di una sinapsi in risposta a stimoli - noto come plasticità sinaptica - è indotta attraverso i cosiddetti "treni di impulsi", serie di segnali neuronali che si verificano con frequenza e tempistica variabile. Esperimenti precedenti hanno dimostrato che i neuroni che si stimolano ad una frequenza molto elevata (per esempio, 100 picchi al secondo) rafforzano la sinapsi di collegamento, mentre stimolazione a bassa frequenza (ad esempio, un picco al secondo) riduce la forza sinaptica.

Questi esperimenti precedenti usavano centinaia di picchi consecutivi nella gamma di frequenza molto elevata per indurre la plasticità. Eppure, quando il cervello è attivo durante le attività comportamentali nella vita reale, i neuroni provocano solo circa 10 picchi consecutivi, non centinaia. E lo fanno con una frequenza molto più bassa - tipicamente nella gamma di 50 picchi al secondo. In altre parole, ha detto Mehta, la "frequenza di picco si riferisce a quanto veloci avvengono i picchi. Dieci picchi potrebbero essere provocati ad una frequenza di 100 picchi al secondo o ad una frequenza di un picco al secondo".

Fino ad oggi, i ricercatori erano in grado di condurre esperimenti che simulavano livelli più naturali. Ma Mehta e il co-autore Arvind Kumar, un ex collega di postdottorato del suo laboratorio, sono riusciti a ottenere queste misurazioni per la prima volta utilizzando un sofisticato modello matematico che hanno sviluppato e validato con dati sperimentali. Contrariamente a quanto precedentemente supposto, Mehta e Kumar hanno scoperto che quando si tratta di stimolare le sinapsi con modelli di picchi naturali, la stimolazione dei neuroni a frequenze più alte non era il modo migliore per aumentare la forza sinaptica.

Quando, per esempio, una sinapsi è stimolata con solo 10 picchi ad una frequenza di 30 picchi al secondo, induce un aumento di gran lunga maggiore nella forza di quanto si stimola la sinapsi con 10 picchi a 100 volte al secondo. "L'aspettativa, sulla base di studi precedenti, era che se si ha guidato la sinapsi ad una frequenza più alta, l'effetto sul potenziamento sinaptico, o di apprendimento, sarebbe almeno altrettanto buono come, se non meglio, della frequenza naturale più bassa" ha detto Mehta. "Con nostra sorpresa, abbiamo scoperto che al di là della frequenza ottimale, il rafforzamento sinaptico diminuisce effettivamente quando le frequenze diventano più elevate".

Conoscere che una sinapsi ha una frequenza massima preferita per l'apprendimento ha portato i ricercatori di confrontare le frequenze ottimali in base alla posizione della sinapsi in un neurone. I neuroni sono a forma di alberi, con il nucleo che è la base dell'albero, i dendriti assomigliano a rami estesi e le sinapsi che assomigliano alle foglie su quei rami. Quando Mehta e Kumar hanno confrontato l'apprendimento sinaptico in base a dove si trovavano le sinapsi sui rami dendritici, hanno trovato qualcosa di significativo: la frequenza ottimale per indurre l'apprendimento sinaptico cambia a seconda di dove si trovava la sinapsi. Più è lontana la sinapsi dal corpo cellulare del neurone, maggiore è la frequenza ottimale.

"Incredibilmente, quando si tratta di apprendimento, il neurone si comporta come un'antenna gigante, con diversi rami dei dendriti sintonizzati su frequenze diverse per l'apprendimento massimo", ha affermato Mehta. I ricercatori hanno scoperto che non solo ogni sinapsi ha una frequenza preferita per raggiungere un apprendimento ottimale, ma per l'effetto migliore, la frequenza deve essere perfettamente ritmica - a tempo ad intervalli esatti. Anche alla frequenza ottimale, se il ritmo è sbagliato, l'apprendimento sinaptico è sostanzialmente minore.

La loro ricerca ha anche mostrato che una volta che una sinapsi apprende, cambia la sua frequenza ottimale. In altre parole, se la frequenza ottimale per una sinapsi ingenua (una che non ha imparato ancora nulla) è, diciamo, 30 picchi al secondo, dopo aver appreso, quella stessa sinapsi imparerà in modo ottimale ad una frequenza inferiore, diciamo 24 picchi al secondo. Quindi, l'apprendimento cambia la frequenza ottimale di una sinapsi.

I ricercatori hanno detto che questo processo di "de-sintonizzazione", indotto dall'apprendimento, ha importanti implicazioni per il trattamento di disturbi legati al dimenticare, come il disturbo da stress post-traumatico. Anche se è richiesta molta più ricerca, i risultati evidenziano la possibilità che potrebbero essere sviluppati farmaci per "ri-sintonizzare" i ritmi del cervello delle persone con disturbi di apprendimento o di memoria, o che molti più di noi potrebbe diventare Einstein o Mozart, se il ritmo ottimale del cervello fosse implementato per ogni sinapsi. "Sappiamo che ci sono già farmaci e stimoli elettrici che possono alterare i ritmi del cervello", ha affermato Mehta. "Le nostre scoperte suggeriscono che siamo in grado di utilizzare questi strumenti per fornire il ritmo ottimale nel cervello a connessioni mirate per migliorare l'apprendimento".

Il finanziamento dello studio è stato fornito dal National Science Foundation, dai National Institutes of Health, dalla Fondazione Whitehall, e dal WM Keck Foundation.


 

 

 


Cosa pensi di questo articolo? Ti è stato utile? Hai rilievi, riserve, integrazioni? Conosci casi o ti è successo qualcosa che lo conferma? o lo smentisce?
Puoi usare il modulo dei commenti sotto per dire la tua opinione. Che è importante e unica. Non tenerla per te, non farci perdere l'occasione di conoscerla.

 

 

 


 

Fonte: Materiale della University of California - Los Angeles.

Riferimento: Arvind Kumar, Mayank R. Mehta. Frequency-Dependent Changes in NMDAR-Dependent Synaptic Plasticity. Frontiers in Computational Neuroscience, 2011; 5 DOI: 10.3389/fncom.2011.00038.

Pubblicato in ScienceDaily il 3 Ottobre 2011 - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi, eventualmente citati nell'articolo, sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non si propone come terapia o dieta; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer Riese. I siti terzi raggiungibili dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente; in particolare si segnala la presenza frequente di una istituzione medica con base in Germania (xcell-Center) che propone la cura dell'Alzheimer con cellule staminali; la Società Tedesca di Neuroscienze ha più volte messo in guardia da questa proposta il cui effetto non è dimostrato. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

Sostieni l'Associazione, una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e a informarti:

Notizie da non perdere

Il girovita può predire il rischio di demenza?

6.11.2019 | Ricerche

Il primo studio di coorte su larga scala di questo tipo ha esaminato il legame tra il girovita in...

Ecco perché alcune persone con marcatori cerebrali di Alzheimer non hanno deme…

17.08.2018 | Ricerche

Un nuovo studio condotto all'Università del Texas di Galveston ha scoperto perché alcune...

Cibo per pensare: come la dieta influenza il cervello per tutta la vita

7.10.2024 | Esperienze & Opinioni

Una quantità di ricerche mostra che ciò che mangiamo influenza la capacità del corpo di ...

Meccanismo neuroprotettivo alterato dai geni di rischio dell'Alzheimer

11.01.2022 | Ricerche

Il cervello ha un meccanismo naturale di protezione contro il morbo di Alzheimer (MA), e...

Preoccupazione, gelosia e malumore alzano rischio di Alzheimer per le donne

6.10.2014 | Ricerche

Le donne che sono ansiose, gelose o di cattivo umore e angustiate in me...

Qualità della vita peggiora quando l'Alzheimer è complicato dal cancro

28.04.2023 | Esperienze & Opinioni

Che considerazioni si possono fare per una persona con Alzheimer che riceve anche la diagnosi di can...

Pressione bassa potrebbe essere uno dei colpevoli della demenza

2.10.2019 | Esperienze & Opinioni

Invecchiando, le persone spesso hanno un declino della funzione cerebrale e spesso si pr...

'Tau, disfunzione sinaptica e lesioni neuroassonali si associano di più c…

26.05.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) comporta il deperimento caratteristico di alcune regioni del ...

Alzheimer, Parkinson e Huntington condividono una caratteristica cruciale

26.05.2017 | Ricerche

Uno studio eseguito alla Loyola University di Chicago ha scoperto che delle proteine ​​a...

Svelata una teoria rivoluzionaria sull'origine dell'Alzheimer

28.12.2023 | Ricerche

Nonostante colpisca milioni di persone in tutto il mondo, il morbo di Alzheimer (MA) man...

Vecchio farmaco per l'artrite reumatoide suscita speranze come cura per l…

22.09.2015 | Ricerche

Scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto che il salsalato, un farmaco usato per trattar...

Nuovo metodo di selezione farmaci spiega perché quelli di Alzheimer falliscono…

31.01.2022 | Ricerche

Analizzando i meccanismi di malattia nei neuroni umani, dei ricercatori dell'Università del...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

Alzheimer e le sue proteine: bisogna essere in due per ballare il tango

21.04.2016 | Ricerche

Per anni, i neuroscienziati si sono chiesti come fanno le due proteine ​​anomale amiloid...

Il 'Big Bang' dell'Alzheimer: focus sulla tau mortale che cambi…

11.07.2018 | Ricerche

Degli scienziati hanno scoperto un "Big Bang" del morbo di Alzheimer (MA) - il punto pre...

Cerca il tuo sonno ideale: troppo e troppo poco legati al declino cognitivo

28.10.2021 | Ricerche

Come tante altre cose buone della vita, il sonno fa meglio se è moderato. Uno studio plu...

Interleuchina3: la molecola di segnalazione che può prevenire l'Alzheimer…

20.07.2021 | Ricerche

Una nuova ricerca su esseri umani e topi ha identificato una particolare molecola di seg...

Nessuna cura per l'Alzheimer nel corso della mia vita

26.04.2019 | Esperienze & Opinioni

La Biogen ha annunciato di recente che sta abbandonando l'aducanumab, il suo farmaco in ...

L'impatto del sonno su cognizione, memoria e demenza

2.03.2023 | Ricerche

Riduci i disturbi del sonno per aiutare a prevenire il deterioramento del pensiero.

"Ci...

I possibili collegamenti tra sonno e demenza evidenziati dagli studi

24.11.2017 | Ricerche

Caro Dottore: leggo che non dormire abbastanza può aumentare il rischio di Alzheimer. Ho avuto pr...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)