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Scoperta del ruolo delle cellule T nell'Alzheimer suggerisce trattamento

mucosal associated T cell

Per il morbo di Alzheimer (MA) si stanno testando sull'uomo quasi due dozzine di terapie sperimentali che puntano il sistema immunitario, un riflesso della crescente consapevolezza del ruolo cruciale che hanno i processi immunitari nel guidare il danno cerebrale che porta a confusione, perdita di memoria e altri sintomi debilitanti.


Molti dei farmaci del MA incentrati sull'immunità ruotano intorno alle microglia, le cellule immunitarie residenti del cervello che possono ferire il tessuto cerebrale se si attivano nel momento sbagliato o nel modo sbagliato. Un nuovo studio condotto da ricercatori della Washington University di St. Louis indica che le microglia collaborano con un altro tipo di cellule, le cellule T, per causare neurodegenerazione.


Studiando topi con danni di tipo MA nel cervello causati dalla proteina tau, i ricercatori hanno scoperto che le microglia attiravano nel cervello le potenti cellule T, uccisori di altre cellule, e che si è potuto evitare la maggior parte della neurodegenerazione bloccando l'ingresso o l'attivazione delle cellule T.


I risultati, pubblicati l'8 marzo su Nature, suggeriscono che puntare le cellule T è un percorso alternativo per prevenire la neurodegenerazione e per trattare il MA e le malattie correlate che coinvolgono la tau, chiamate tauopatie. L'autore senior David M. Holtzman MD, professore illustre di neurologia, ha affermato:

"Ciò potrebbe davvero cambiare il modo in cui pensiamo allo sviluppo di trattamenti per il MA e per le condizioni correlate. Prima di questo studio, sapevamo che le cellule T aumentavano nel cervello delle persone con MA e con altre tauopatie, ma non sapevamo con certezza se causavano la neurodegenerazione.

"Questi risultati aprono nuovi entusiasmanti approcci terapeutici. Alcuni farmaci ampiamente usati puntano le cellule T: il fingolimod, ad esempio, è di uso comune per trattare la sclerosi multipla, che è una malattia autoimmune del cervello e del midollo spinale. È probabile che alcuni farmaci che agiscono sulle cellule T possano essere testati in studi clinici per il MA e altre tauopatie, se questi farmaci si riveleranno protettivi nei modelli animali".


Il MA si sviluppa in due fasi principali. Prima iniziano a formarsi le placche della proteina amiloide-beta, che possono accumularsi per decenni senza effetti evidenti sulla salute del cervello. Ma alla fine, anche la tau inizia ad aggregarsi, segnalando l'inizio della seconda fase. Da lì, la malattia peggiora rapidamente: il cervello si restringe, le cellule nervose muoiono, la neurodegenerazione si diffonde e le persone iniziano ad avere difficoltà a pensare e ricordare.


Le microglia e il loro ruolo nel MA sono state studiate intensamente. Le cellule si attivano e diventano disfunzionali man mano che le placche amiloidi si accumulano, e ancora di più una volta che la Tau inizia ad aggregarsi. La disfunzione microgliale peggiora la neurodegenerazione e accelera il corso della malattia.


Il primo autore Xiaoying Chen PhD, istruttore di neurologia, si è chiesto che ruolo avevano nella neurodegenerazione le altre cellule immunitarie meno studiate. Ha analizzato le cellule immunitarie nel cervello dei topi progettati geneticamente per imitare diversi aspetti del MA umano, cercando i cambiamenti che si verificano nella popolazione delle cellule immunitarie nel corso della malattia.


Rispecchiando la fase iniziale della malattia nelle persone, due dei ceppi di topo usati costruiscono ampi depositi di amiloide ma non sviluppano l'atrofia cerebrale. Un terzo ceppo, rappresentativo della fase successiva, sviluppa grovigli di tau, atrofia cerebrale, neurodegenerazione e deficit comportamentali a 9 mesi e mezzo di età. Un quarto ceppo di topo non sviluppa placche amiloidi, grovigli di tau o deterioramento cognitivo; è stato studiato per il confronto.


I ricercatori hanno trovato molte più cellule T nel cervello dei topi tau rispetto al cervello dei topi amiloidi o di confronto. In particolare, le cellule T erano più abbondanti nelle parti del cervello con la massima degenerazione e la più alta concentrazione di microglia. Allo stesso modo le cellule T erano abbondanti nei siti di aggregazione di tau e di neurodegenerazione nel cervello delle persone che erano morte con il MA.


Ulteriori studi sui topi hanno indicato che i due tipi di cellule immunitarie lavorano insieme per creare un ambiente infiammatorio che prepara il danno neuronale. Le microglia rilasciano composti molecolari che dal sangue attirano nel cervello le cellule T e le attivano; le cellule T rilasciano composti che spingono le microglia verso una modalità più pro-infiammatoria.


L'eliminazione delle microglia o delle cellule T ha rotto la connessione tossica tra le due e ha ridotto drasticamente i danni al cervello. Ad esempio, quando ai topi tau veniva somministrato un anticorpo per eliminare le loro cellule T, avevano meno microglia infiammatoria nel cervello, meno neurodegenerazione e atrofia e una migliore capacità di svolgere compiti come costruire un nido e ricordare cose recenti.


"Ciò che mi ha entusiasmato è stato il fatto che se si impedisce alle cellule T di entrare nel cervello, si blocca la maggior parte della neurodegenerazione"
, ha detto Holtzman. “Gli scienziati hanno fatto molti sforzi alla ricerca di terapie che impediscono la neurodegenerazione, influenzando la tau o le microglia. Come comunità, non abbiamo esaminato cosa possiamo fare alle cellule T per prevenire la neurodegenerazione. Ciò evidenzia una nuova area da capire meglio e da esplorare terapeuticamente".

 

 

 


Fonte: Washington University (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: X Chen, ...[+15], DM Holtzman. Microglia-mediated T cell infiltration drives neurodegeneration in tauopathy. Nature, 8 Mar 2023, DOI

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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