Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Maggiore coscienziosità legata a meno rischi di demenza

Le persone con tratti di personalità come coscienziosità, estroversione e affetto positivo hanno meno probabilità di ricevere la diagnosi di demenza, rispetto a quelle con nevroticismo e affetto negativo, secondo una nuova analisi dei ricercatori dell'Università della California di Davis e della Northwestern University, pubblicata il 29 novembre su Alzheimer's & Dementia.

La differenza non era legata a danni fisici al tessuto cerebrale riscontrato nei pazienti con demenza, ma con più probabilità al modo in cui determinati tratti della personalità aiutano le persone a muoversi tra le disabilità della demenza.

Studi precedenti avevano cercato di stabilire correlazioni tra tratti di personalità e demenza, ma erano per lo più piccoli e rappresentavano solo popolazioni specifiche, ha affermato Emorie Beck, assistente prof.ssa di psicologia alla UC Davis e prima autrice dello studio.

"Volevamo sfruttare le nuove tecnologie per sintetizzare questi studi e testare la forza e la coerenza di queste associazioni", ha affermato la Beck. "Se tali collegamenti reggono, puntare i tratti della personalità da cambiare, con interventi precoci nella vita, potrebbe essere un modo per ridurre il rischio di demenza a lungo termine".

La Beck e i suoi colleghi hanno analizzato i dati di 8 studi pubblicati con oltre 44.000 partecipanti in totale, di cui 1.703 avevano sviluppato la demenza. Hanno esaminato i 5 tratti della personalità più importanti (coscienziosità, estroversione, apertura all'esperienza, nevroticismo e gradevolezza) e il benessere soggettivo (affetto positivo e negativo e soddisfazione della vita) confrontandoli con i sintomi clinici della demenza (prestazioni sui test cognitivi) e con la patologia cerebrale all'autopsia.

Si pensa che la personalità sia in genere collegata al rischio di demenza attraverso il comportamento, ha affermato la Beck. Ad esempio, le persone che ottengono un punteggio elevato sulla coscienziosità possono avere maggiori probabilità di mangiare bene e prendersi cura della loro salute, il che si traduce in una migliore salute a lungo termine.

I ricercatori hanno scoperto che punteggi alti su tratti negativi (nevroticismo, affetto negativo) e punteggi bassi sui tratti positivi (coscienziosità, estroversione, affetto positivo) erano associati a un rischio più elevato di diagnosi di demenza. Punteggi alti di apertura all'esperienza, gradevolezza e soddisfazione della vita hanno avuto un effetto protettivo in un sottoinsieme più piccolo di studi.

 

Collegamento alla diagnosi ma non alla patologia

Con loro sorpresa, tuttavia, non è stato trovato alcun legame tra questi tratti della personalità e la neuropatologia reale nel cervello delle persone dopo la morte.

"Questa è stata la scoperta più sorprendente per noi", ha detto Beck. "Se la personalità è predittiva delle prestazioni nei test cognitivi ma non alla patologia, cosa potrebbe accadere?"

Una spiegazione è che alcuni tratti della personalità potrebbero rendere le persone più resistenti ai danni causati da malattie come l'Alzheimer. Le persone con livelli più alti di alcuni tratti possono trovare modi, consapevolmente o no, per far fronte e aggirare il deterioramento.

Altri lavori dei membri del team di studio hanno dimostrato che alcune persone con patologia abbastanza ampia possono mostrare pochi perdite nei test cognitivi. I ricercatori hanno esaminato anche altri fattori che potrebbero moderare la relazione tra rischio di demenza e neuropatologia, come età, genere e livello di istruzione.

"Non abbiamo trovato quasi nessuna prova per gli effetti, tranne per il fatto che l'effetto protettivo della coscienziosità è aumentato con l'età", ha detto la Beck. "Molti fattori contribuiscono allo sviluppo della demenza. Tra quelli che non sono direttamente correlati alla genetica, questo studio è un primo passo per individuare le associazioni tra personalità e demenza".

I ricercatori hanno in programma di continuare ed espandere il lavoro, includendo l'esame delle persone che mostrano poco deterioramento a fronte di molta patologia. Sperano anche di esaminare altri fattori quotidiani che potrebbero avere un ruolo nello sviluppo della demenza.

 

 

 


Fonte: Andy Fell in University of California - Davis (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: ED Beck, [+8], EK Graham. Personality predictors of dementia diagnosis and neuropathological burden: An individual participant data meta‐analysis. Alz & Dem, 2023, DOI

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

 

Notizie da non perdere

3 modi per trasformare l'auto-critica in auto-compassione

14.08.2018 | Esperienze & Opinioni

Hai mai sentito una vocina parlare nella tua testa, riempiendoti di insicurezza? Forse l...

Perché le cadute sono così comuni nell'Alzheimer e nelle altre demenze?

4.09.2020 | Esperienze & Opinioni

Le cadute hanno cause mediche o ambientali

Una volta che si considerano tutte le divers...

Immagini mai viste prima delle prime fasi dell'Alzheimer

14.03.2017 | Ricerche

I ricercatori dell'Università di Lund in Svezia, hanno utilizzato il sincrotrone MAX IV ...

Perché dimentichiamo? Nuova teoria propone che 'dimenticare' è in re…

17.01.2022 | Ricerche

Mentre viviamo creiamo innumerevoli ricordi, ma molti di questi li dimentichiamo. Come m...

A 18 come a 80 anni, lo stile di vita è più importante dell'età per il ri…

22.07.2022 | Ricerche

Gli individui senza fattori di rischio per la demenza, come fumo, diabete o perdita dell...

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

Il 'Big Bang' dell'Alzheimer: focus sulla tau mortale che cambi…

11.07.2018 | Ricerche

Degli scienziati hanno scoperto un "Big Bang" del morbo di Alzheimer (MA) - il punto pre...

Il ruolo sorprendente delle cellule immunitarie del cervello

21.12.2020 | Ricerche

Una parte importante del sistema immunitario del cervello, le cellule chiamate microglia...

Nuove case di cura: 'dall'assistenza fisica, al benessere emotivo�…

5.11.2018 | Esperienze & Opinioni

Helen Gosling, responsabile delle operazioni della Kingsley Healthcare, con sede a Suffo...

Sempre più giovani con Alzheimer e demenza: colpa delle tossine ambientali, me…

6.05.2020 | Denuncia & advocacy

È abbastanza straziante quando le persone anziane sviluppano condizioni di perdita di me...

La consapevolezza di perdere la memoria può svanire 2-3 anni prima della compa…

27.08.2015 | Ricerche

Le persone che svilupperanno una demenza possono cominciare a perdere la consapevolezza dei propr...

Livelli di ossigeno nel sangue potrebbero spiegare perché la perdita di memori…

9.06.2021 | Ricerche

Per la prima volta al mondo, scienziati dell'Università del Sussex hanno registrato i li...

Le cellule immunitarie sono un alleato, non un nemico, nella lotta all'Al…

30.01.2015 | Ricerche

L'amiloide-beta è una proteina appiccicosa che si aggrega e forma picco...

La scoperta del punto di svolta nell'Alzheimer può migliorare i test di n…

20.05.2022 | Ricerche

 Intervista al neurologo William Seeley della Università della California di San Francisco

...

Proteine grumose induriscono i capillari del cervello: nuovo fattore di rischi…

11.09.2020 | Ricerche

I depositi di una proteina chiamata 'Medin', che è presente in quasi tutti gli anziani, ...

Capire l'origine dell'Alzheimer, cercare una cura

30.05.2018 | Ricerche

Dopo un decennio di lavoro, un team guidato dal dott. Gilbert Bernier, ricercatore di Hô...

L'Alzheimer inizia all'interno delle cellule nervose?

25.08.2021 | Ricerche

Uno studio sperimentale eseguito alla Lund University in Svezia ha rivelato che la prote...

Allenamento con i pesi protegge il cervello delle persone anziane dalla demenz…

15.04.2025 | Ricerche

Uno studio, condotto presso l'Università di Stato di Campinas (Brasile), ha scoperto che dopo sei...

Scoperto nuovo colpevole del declino cognitivo nell'Alzheimer

7.02.2019 | Ricerche

È noto da tempo che i pazienti con morbo di Alzheimer (MA) hanno anomalie nella vasta re...

L'esercizio fisico genera nuovi neuroni cerebrali e migliora la cognizion…

10.09.2018 | Ricerche

Uno studio condotto dal team di ricerca del Massachusetts General Hospital (MGH) ha scop...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

Seguici su

 
enfrdeites

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.