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Sviluppati anticorpi per l'Alzheimer

I ricercatori del Rensselaer Polytechnic Institute hanno sviluppato un nuovo metodo di progettare anticorpi per combattere le malattie. Il processo sorprendentemente semplice è stato utilizzato per produrre anticorpi che neutralizzano le particelle proteiche nocive che portano all'Alzheimer.

Il processo, riportato nella pre-edizione del 5 dicembre della rivista Proceedings of National Academy of Sciences (PNAS), intitolato "Structure-based design of conformation- and sequence-specific antibodies against amyloid β" potrebbe essere usato come strumento per comprendere la patologia di malattie complesse e per sviluppare nuovi farmaci a base di anticorpi in futuro.

Gli anticorpi sono proteine di grandi dimensioni prodotte dal sistema immunitario per combattere infezioni e malattie. Sono composti da una grande proteina a forma di Y sormontata da spirali di piccoli peptidi (vedi schema a sinistra). Questi laccetti si legano agli invasori dannosi nel corpo, come un virus o un batterio. Una volta che un anticorpo è legato al suo obiettivo, il sistema immunitario invia cellule per distruggere l'invasore. Trovare il giusto anticorpo determina la differenza tra la morte e il recupero.

Gli scienziati hanno a lungo cercato metodi per progettare anticorpi contro disturbi specifici. Tuttavia, la complessità incredibile di progettare anticorpi che si attaccano solo alla molecola che interessa ha impedito agli scienziati di realizzare questo ambizioso obiettivo.

Quando si cerca di progettare un anticorpo, la disposizione e la sequenza delle spirali dell'anticorpo è della massima importanza. Solo una combinazione molto particolare di anelli di anticorpi si lega e neutralizza ogni obiettivo. E con miliardi di possibili diverse modalità di forme e sequenze del laccetto, è apparentemente impossibile prevedere quale tipo di anello di anticorpo si lega a una specifica molecola bersaglio.

Il nuovo processo di progettazione degli anticorpi è stato usato per creare gli anticorpi che colpiscono una molecola devastante nel corpo: le proteine dell'Alzheimer. La ricerca, guidata da Peter Tessier, professore associato di Ingegneria chimica e biologica, utilizza le stesse interazioni molecolari che fanno stare insieme le proteine dell'Alzheimer e formano le particelle tossiche che sono un segno distintivo della malattia. "Stiamo sfruttando al momento le stesse interazioni proteiche che usa la malattia nel cervello per mediare la legatura degli anticorpi alle particelle di proteina tossiche di Alzheimer", ha detto Tessier.

Il morbo di Alzheimer è dovuto ad una specifica proteina (la proteina di Alzheimer) che si raggruma formando particelle proteiche. Queste particelle quindi danneggiano le funzioni normale e sane del cervello. La formazione di simili particelle proteiche tossiche è centrale per malattie come il Parkinson e la malattia della mucca pazza. Importante, i nuovi anticorpi per l'Alzheimer sviluppati da Tessier e dai suoi colleghi si attacca solo alle proteine dannose aggregate e non ai monomeri innocui o ai singoli peptidi che non sono associati alla malattia. Tessier e i suoi colleghi vedono il potenziale per la loro tecnica per individuare e comprendere meglio altri tipi di particelle proteiche in malattie come il morbo di Parkinson. "Con la legatura a specifiche porzioni della proteina tossica, potremmo verificare l'ipotesi su come prevenire o invertire la tossicità cellulare legata all'Alzheimer", ha detto Tessier.

A lungo termine, con la maggiore conoscenza degli scienziati sui metodi di trasporto di farmaci al tessuto cerebrale, che è molto ben protetto, la ricerca su nuovi anticorpi può aiutare anche a sviluppare nuovi farmaci per combattere malattie come l'Alzheimer.

La ricerca è stata finanziata dall'Associazione Alzheimer, la National Science Foundation (NSF), e dal Pew Charitable Trust. Tessier è stato affiancato nella ricerca da studenti laureati al Rensselaer: Joseph Perchiacca (primo co-autore), Ali Reza Ladiwala (primo co-autore), e Moumita Bhattacharya.

 

 

 


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Fonte: Materiale del Rensselaer Polytechnic Institute.

Pubblicato in ScienceDaily il 9 dicembre 2011 - Traduzione di Franco Pellizzari.

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