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Si possono applicare ai pazienti con Alzheimer delle terapie mirate?

Ricercatori dell'Università dello Utah di Salt Lake City esplorano trattamenti che puntano le placche nel cervello che portano alla demenza.

Mastren lab university of utahFoto: Dan Hixson

Il morbo di Alzheimer (MA), un disturbo cerebrale debilitante con opzioni terapeutiche limitate, sta sfidando da lungo tempo i ricercatori. In particolare, i ricercatori stanno lottando per rallentare l'accumulo di placche di amiloide-beta (Aβ), gruppi dannosi di proteine ​​che aggravano la malattia danneggiando le cellule cerebrali e causando perdita di memoria.


I ricercatori dell'Università dello Utah hanno sviluppato un approccio rivoluzionario per affrontare queste placche e possibilmente rallentare questa devastante malattia neurodegenerativa. La loro tecnica, ispirata da metodi di trattamento mirato del cancro, usa una forma di radiazioni note come 'particelle alfa' per abbattere i legami chimici nelle placche Aβ. La 'terapia alfa mirata' (TAT, Targeted Alpha Therapy) porta queste particelle direttamente sulle placche dannose sul cervello riducendo al minimo il danno ai tessuti sani.


Aidan Bender, ex dottorando del programma di ingegneria nucleare, ha guidato questa ricerca pionieristica pubblicata il 25 luglio sul Journal of Nuclear Medicine, con coautori dei ricercatori dei dipartimenti di radiologia e chimica.

"Aidan ha brillato nella ricerca e ha sviluppato molte competenze e tecniche necessarie per affrontare questo studio", ha affermato l'autrice senior dello studio Tara Mastren, assistente prof.ssa di ingegneria civile e ambientale il cui laboratorio si concentra sullo sviluppo di isotopi di livello medico. "Questa ricerca è il primo passo per determinare se questo metodo di trattamento è fattibile e ci ha permesso di passare ai test nei modelli in vivo".

 

Nuova speranza per i pazienti di MA

Il Ma è una delle principali cause di demenza negli Stati Uniti, con oltre $ 200 miliardi di spese mediche all'anno. Il numero di casi dovrebbe raddoppiare entro il 2050, ma l'impatto del disturbo potrebbe essere ridotto se si potessero sviluppare trattamenti per rallentare i suoi progressi.


I ricercatori della Utah si sono rivolti alla medicina nucleare teorica in cerca di risposte. Sotto la supervisione di Mastren, il team di Bender ha iniziato sviluppando un composto chimico, chiamato BiBPy, che può aggrapparsi alle placche Aβ nocive. Ha quindi attaccato una piccola quantità di isotopo radioattivo, bismuth-213, consentendo al composto di emettere particelle alfa.


Questo nuovo composto, [213Bi]-BiBPy, è stato applicato al tessuto cerebrale di topi geneticamente modificati per sviluppare placche Aβ simili a quelle dei pazienti di MA. Il composto, quando combinato con bismuth-213, ha dimostrato proprietà che lo hanno reso efficace nel legarsi alle placche Aβ dei topi.


I tessuti cerebrali trattati, misurati con due tipi di test per la presenza di Aβ, hanno mostrato una riduzione significativa della concentrazione di Aβ. Questi risultati suggeriscono che il composto può essere effettivamente applicato come potenziale trattamento TAT per il MA e altre malattie neurodegenerative, aprendo la strada a ulteriori test su animali vivi e infine sull'uomo.

 

 

 


Fonte: Joe LaFata in University of Utah (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: AA Bender, [+4], TE Mastren. Development of a 213Bi-Labeled Pyridyl Benzofuran for Targeted α-Therapy of Amyloid-β Aggregates. J of Nuclear Medicine, 2024, DOI

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

 

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