Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Due farmaci già approvati per altre patologie fanno ben sperare per l'Alzheimer

Due farmaci già approvati hanno dimostrato di fermare la degenerazione del cervello nei topi, creando la possibilità di una rapida accelerazione nella ricerca di una medicina per battere l'Alzheimer.


I risultati, presentati ​​Martedì 30 giugno 2015 alla Conferenza annuale sulla ricerca dell'Alzheimer's Society a Manchester, sono stati salutati come "estremamente promettenti" perché coinvolgono medicine che sono già note per essere sicure e ben tollerate dai soggetti, tagliando potenzialmente anni al tempo perchè un farmaco arrivi ai pazienti.


Giovanna Mallucci, professoressa di neuroscienze cliniche all'Università di Cambridge, ha dichiarato: "E' davvero interessante. Sono farmaci autorizzati. Questo significa che si potrebbe fare direttamente una sperimentazione clinica di base su un piccolo gruppo di pazienti, perché questi non sono nuovi composti, sono farmaci conosciuti".


Gli scienziati hanno scelto di non divulgare il nome dei due farmaci, che sono attualmente usati per condizioni non correlate alla demenza, per evitare che i pazienti cerchino di usarli prima che uno qualsiasi studio clinico abbia dimostrato la loro efficacia. I risultati si basano su uno studio di riferimento di due anni fa, che aveva dimostrato che la morte delle cellule del cervello di topi può essere fermata spegnendo un segnale errato nel cervello che impedisce la produzione di nuove proteine.


Tuttavia, la svolta si era basata su un composto che aveva gravi effetti collaterali fisici, compresa la perdita di peso e il diabete, rendendolo inadatto all'uso sull'uomo. I due farmaci sono stati identificati dopo che il team della Mallucci ha analizzato centinaia di composti autorizzati, alla ricerca di qualcosa di sicuro che avesse gli stessi effetti protettivi sul cervello. Clare Walton, direttrice della ricerca all'Alzheimer's Society, ha dichiarato: "I nuovi risultati sono estremamente promettenti, perché i farmaci sono già dati a persone e sappiamo che sono sicuri".


Prima di un esperimento [sull'uomo] però, gli scienziati credono che sia fondamentale uno studio di imaging cerebrale, per confermare che lo stesso segnale errato puntato dai farmaci nei topi è responsabile della neurodegenerazione e della perdita di memoria devastante provocate dall'Alzheimer. "Ci sono molte prove che puntano al coinvolgimento del percorso, ma abbiamo bisogno di fare scansioni speciali per dimostrare che ciò che sta accadendo nei topi succede anche negli esseri umani", ha detto la Mallucci. "La grande domanda bruciante è che cosa è rilevante per la malattia umana".


Se gli esperimenti di scansione avverranno rapidamente, e confermeranno il legame, le sperimentazioni cliniche dei farmaci potrebbero iniziare entro un paio di anni, ha aggiunto.


Questo approccio segna un netto stacco dai tentativi precedenti falliti di curare l'Alzheimer puntando i depositi di proteine ​​deformi, appiccicose, chiamate «placche», che sono le caratteristiche più evidenti della malattia nel cervello dei pazienti. "Ci sono stati molti fallimenti di farmaci negli ultimi dieci anni con cose che puntavano solo le placche", ha detto la Walton. "Alcuni dei farmaci eliminavano le placche, ma non aiutavano a curare la malattia".


Le ultime ricerche suggeriscono che l'accumulo di proteine amiloidi anomale presente nell'Alzheimer, nel Parkinson e nella CJD sono semplicemente un sintomo visibile della neurodegenerazione, ma non la causa principale.


Al contrario la Prof.ssa Mallucci sostiene che il danno in realtà si verifica quando un meccanismo di difesa naturale nel cervello risponde all'accumulo di placche, spegnendo la produzione di tutte le nuove proteine, distruggendo la capacità del cervello di effettuare le riparazioni essenziali.


I farmaci agiscono inibendo un enzima, chiamato Perk, che attiva il meccanismo di difesa. Nei topi con malattia da prioni, una malattia neurodegenerativa che gli scienziati usano come modello per la demenza nei topi, entrambi i trattamenti hanno mostrato di ripristinare la produzione di proteine, di impedire la morte delle cellule cerebrali e di prevenire la perdita di memoria.


C'è già la prova che il meccanismo Perk ha un ruolo nell'Alzheimer, poiché le persone con la malattia hanno livelli insolitamente elevati di enzima nel cervello, ma gli scienziati hanno bisogno di essere sicuri che è questo che induce i neuroni a morire, piuttosto che essere solo un effetto collaterale.


Carol Colton, professoressa di neurologia della Duke University in North Carolina, ha detto che i risultati sono "interessanti", ma ha aggiunto che restano domande cruciali sul fatto che spegnere un meccanismo di difesa naturale possa avere altri aspetti negativi imprevisti nel cervello. "Il tempo ce lo dirà", ha detto. "Sarebbe una grande cosa se fosse possibile, perché nuovi farmaci sono assolutamente indispensabili. Complimenti agli autori e all'Alzheimer's Society per aver insistito su questo concetto".


Gli scienziati stimano che ritardare l'insorgenza dell'Alzheimer di cinque anni potrebbe dimezzare il numero di persone che muoiono con la malattia.


"Ci sono persone nelle mie cliniche che entrano con una buona qualità di vita e ancora in grado di parlare, ma col passare del tempo diventano dipendenti, incapaci di godere della compagnia dei loro partner di vita e questo è straziante", ha detto la Mallucci. "Ritardare il progresso dell'Alzheimer anche di 10 anni avrebbe un effetto enorme. Bisogna ri-adattarsi e capire che rallentare l'Alzheimer cambierebbe la malattia in qualcosa di completamente diverso e infinitamente più accettabile per la società".

 

 

 


Fonte: Hannah Devlin in The Guardian (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Convalidare il sentimento aiuta meglio di criticare o sminuire

30.03.2020 | Ricerche

Sostenere i tuoi amici e la famiglia può aiutarli a superare questi tempi di incertezza...

Scienziati dicono che si possono recuperare i 'ricordi persi' per l…

4.08.2017 | Ricerche

Dei ricordi dimenticati sono stati risvegliati nei topi con Alzheimer, suggerendo che la...

Scoperta importante sull'Alzheimer: neuroni che inducono rumore 'cop…

11.06.2020 | Ricerche

I neuroni che sono responsabili di nuove esperienze interferiscono con i segnali dei neu...

Ricercatori delineano un nuovo approccio per trattare le malattie degenerative

8.05.2024 | Ricerche

Le proteine sono i cavalli da soma della vita. Gli organismi li usano come elementi costitutivi, ...

I possibili collegamenti tra sonno e demenza evidenziati dagli studi

24.11.2017 | Ricerche

Caro Dottore: leggo che non dormire abbastanza può aumentare il rischio di Alzheimer. Ho avuto pr...

Immagini mai viste prima delle prime fasi dell'Alzheimer

14.03.2017 | Ricerche

I ricercatori dell'Università di Lund in Svezia, hanno utilizzato il sincrotrone MAX IV ...

I ricordi perduti potrebbero essere ripristinati: speranza per l'Alzheime…

21.12.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca effettuata alla University of California di ...

Lavati i denti, posticipa l'Alzheimer: legame diretto tra gengivite e mal…

4.06.2019 | Ricerche

Dei ricercatori hanno stabilito che la malattia gengivale (gengivite) ha un ruolo decisi...

Rete nascosta di enzimi responsabile della perdita di sinapsi nell'Alzhei…

8.12.2020 | Ricerche

Un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA) eseguito da scienziati dello Scripps Researc...

Goccioline liquide dense come computer cellulari: nuova teoria sulla causa del…

22.09.2022 | Ricerche

Un campo emergente è capire come gruppi di molecole si condensano insieme all'interno de...

La lunga strada verso la demenza inizia con piccoli 'semi' di aggreg…

20.11.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) si sviluppa nel corso di decenni. Inizia con una reazione a c...

Il ruolo sorprendente delle cellule immunitarie del cervello

21.12.2020 | Ricerche

Una parte importante del sistema immunitario del cervello, le cellule chiamate microglia...

Scoperta ulteriore 'barriera' anatomica che difende e monitora il ce…

11.01.2023 | Ricerche

Dalla complessità delle reti neurali, alle funzioni e strutture biologiche di base, il c...

LipiDiDiet trova effetti ampi e duraturi da intervento nutrizionale all'i…

9.11.2020 | Ricerche

Attualmente non esiste una cura nota per la demenza, e le terapie farmacologiche esisten...

Perché il diabete tipo 2 è un rischio importante per lo sviluppo dell'Alz…

24.03.2022 | Ricerche

Uno studio dell'Università di Osaka suggerisce un possibile meccanismo che collega il diabete all'Al...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023 | Ricerche

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

Smontata teoria prevalente sull'Alzheimer: dipende dalla Tau, non dall�…

2.11.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca che altera drasticamente la teoria prevalente sull'or...

L'Alzheimer è composto da quattro sottotipi distinti

4.05.2021 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è caratterizzato dall'accumulo anomale e dalla diffusione del...

Malato di Alzheimer: la casa di cura la paga lo Stato?

25.05.2023 | Normativa

Chi si fa carico delle spese per un malato di Alzheimer ricoverato in una casa di riposo? Scopriamo ...

Marito riferisce un miglioramento 'miracoloso' della moglie con Alzh…

28.09.2018 | Annunci & info

Una donna di Waikato (Nuova Zelanda) potrebbe essere la prima persona al mondo a miglior...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.