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Annunciato il primo farmaco che 'rallenta l'Alzheimer', anche se in fase molto lieve

Annunciato il primo farmaco che 'rallenta l'Alzheimer', anche se in fase molto lieveIl primo farmaco che rallenta l'Alzheimer potrebbe essere disponibile entro tre anni, dopo che degli esperimenti hanno dimostrato che impedisce di un terzo il declino mentale.


Con un annuncio significativo, il gigante farmaceutico Eli Lilly ha dichiarato che il solanezumab ha dimostrato di mettere un freno alla malattia per le persone con sintomi lievi.


È la prima volta che un farmaco dimostra di funzionare sul processo patologico stesso sottostante, piuttosto che sui sintomi, rallentando il declino della memoria e della capacità di pensare. Anche se gli studi continuano e non saranno completi fino al prossimo anno, il trattamento potrebbe essere disponibile in farmacia entro il 2018, se approvato dalle varie agenzie del farmaco.


Esperti sanitari del Regno Unito hanno detto che questa ricerca si dimostra un "enorme passo in avanti rispetto alle attuali opzioni di trattamento" mentre le no-profit hanno salutato l'annuncio come "eccitante". Il Prof. Richard Morris, professore di neuroscienze all'Università di Edimburgo, ha detto che l'annuncio è "significativo": "Questo non è uno studio sui topi, è uno studio sulle persone. E questo conta".


L'Alzheimer è causato da placche amiloidi appiccicose che si formano nel cervello, impedendo ai neuroni di comunicare tra loro. Il solanezumab è un anticorpo che si lega all'amiloide nella sua forma solubile iniziale, permettendo così di eliminarla dal corpo prima che possa formare placche pericolose. Il farmaco è stato in origine sviluppato per le persone con demenza di fase avanzata, ma è risultato inefficace.


Tuttavia i ricercatori hanno notato che aveva un impatto sulle persone con sintomi lievi. La svolta è significativa perché i test in corso di sviluppo potrebbero individuare l'Alzheimer 10 anni prima che emergano i primi sintomi, il che significa che un trattamento potrebbe iniziare molto presto e forse impedire del tutto la formazione delle placche.


L'esperimento ha seguito 1.322 persone con Alzheimer lieve per tre anni e mezzo. I test cognitivi hanno dimostrato che il declino mentale di quelli che prendevano il farmaco era un terzo in meno nel periodo rispetto a quelli trattati con placebo.


Il dottor Eric Karran, direttore della ricerca di Alzheimer's Research UK, ha detto:

"I risultati forniscono la prova incoraggiante che il solanezumab potrebbe effettivamente agire sui processi patologici che guidano l'Alzheimer".

"Anche se questo effetto rappresenta un piccolo miglioramento per le persone con sintomi lievi, sarà importante esplorare con esperimenti più lunghi se questo trattamento può produrre maggiori benefici nel lungo termine".

"Anche se questo potrebbe essere la prova del primo trattamento modificante l'Alzheimer, il test definitivo sarà la riconferma di questi effetti promettenti nel terzo esperimento, più mirato, di fase III, in pazienti con lieve Alzheimer, che si concluderà alla fine del prossimo anno. Attendiamo i risultati di tale studio con grande interesse".


Il dottor Doug Brown, Responsabile della Ricerca dell'Alzheimer's Society ha detto:

"I risultati di oggi suggeriscono fortemente che puntare le persone nelle prime fasi dell'Alzheimer con questi trattamenti anticorpi è il modo migliore per rallentare o fermare la malattia".

"Questi farmaci sono in grado di ridurre le placche adesive di amiloide che si accumulano nel cervello, e ora abbiamo visto i primi accenni che facendolo abbastanza presto potrebbe rallentare la progressione della malattia".

"Dopo un decennio di mancanza di nuove terapie per la demenza, la notizia di oggi è un passo in avanti emozionante. Dovremo aspettare che gli esperimenti in corso giungano alla fine per conoscere i rischi e i vantaggi complessivi di questi farmaci. Se sono positivi, questi farmaci saranno i primi ad interferire direttamente con il processo di malattia e a rallentare la progressione dell'Alzheimer".


La Dott.ssa Tara Spires-Jones, del Centro Sistemi Cognitivi e Neurali dell'Università di Edimburgo, ha detto:

"Se dimostra di modificare il corso della malattia nel prossimo studio di fase 3 e fornisce benefici a lungo termine, sarà un grande passo in avanti rispetto alle attuali opzioni di trattamento".


Il Prof. Morris, professore di Neuroscienze dell'Università di Edimburgo, ha detto che l'esperimento ha dimostrato che i ricercatori avevano ragione a credere che sono le placche amiloidi a portare alla demenza e che impedirne la formazione è la chiave per rallentare o fermare la malattia. Egli ha detto:

"Il mio personale giudizio è che ha probabilità di essere significativo. I motivi per sospettare tale significatività è che il nuovo studio costituisce una prova positiva dell'ipotesi amiloide che è intorno da oltre 20 anni. Molti sono scettici o addirittura sprezzanti sull'idea, dato il gran numero di fallimenti degli studi con anticorpi".


I risultati pubblicati oggi hanno anche mostrato che anche altri due farmaci (Gantanerumab e Aducanumab) sono efficaci nel ridurre i biomarcatori dell'Alzheimer e costituiscono delle speranze preliminari di diventare nuovi trattamenti.


La ricerca è stata presentata alla Conferenza Internazionale dell'Alzheimer's Association a Washington negli Stati Uniti.

 

 

 


Fonte: Sarah Knapton in The Telegraph (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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