L'Alzheimer è una malattia neurodegenerativa progressiva, e vedere una persona cara perdere gradualmente il controllo sulla sua vita e le relazioni, che non ti riconosce, e diventa dipendente dagli altri anche solo per le semplici attività quotidiane è molto doloroso.
La demenza associata all'Alzheimer è così comune da essere considerata una normale conseguenza dell'invecchiamento. Fortunatamente, non lo è.
Nel tentativo di decodificare i segreti della memoria, gli scienziati hanno smascherato diversi malintesi per quanto riguarda il modo in cui ricordiamo e perché dimentichiamo. Prima si riteneva che i ricordi fossero memorizzati nelle sinapsi che forgiano le connessioni tra le cellule cerebrali e facilitano il trasferimento dei segnali. Per cui si credeva che i pazienti di Alzheimer soffrissero di perdita di memoria perché le loro cellule cerebrali sono danneggiate dalla malattia.
Gli scienziati hanno ora scoperto che l'Alzheimer è in realtà causato dalla degenerazione delle reti neurali (connessioni sinaptiche) quando la chimica del cervello si deteriora. Secondo loro, i ricordi sono fissati nei cambiamenti molecolari che avvengono all'interno delle cellule del cervello stesse, piuttosto che nelle sinapsi.
Come ricordiamo?
La chiave per trovare un rimedio per invertire la perdita di memoria nei pazienti con Alzheimer sta nel decodificare il funzionamento della memoria, di quella a lungo termine in particolare, e il motivo per cui le persone dimenticano. La memoria a lungo termine richiede del tempo per consolidarsi ed è più stabile rispetto a quella a breve termine. E' la base per apprendere nuove competenze e per applicare queste conoscenze alla realizzazione delle varie funzioni.
Perciò gli scienziati hanno cercato di conoscere la natura della memoria a lungo termine e perché in alcuni soggetti è più resistente di altri, per capire perché dimentichiamo quello che abbiamo imparato o non riusciamo a imparare del tutto perché non possiamo ricordare. Queste risposte detengono la chiave per trovare un modo per invertire la perdita di memoria.
Uno studio recente sulle umili lumache di mare (Aplysia) indica che la memoria a lungo termine non è immagazzinata nelle sinapsi, ma nei corpi dei neuroni, mentre le sinapsi sono necessarie per il recupero dei ricordi. I danni alle connessioni sinaptiche possono portare alla perdita di memoria dal momento che i ricordi non possono più essere recuperati dai neuroni.
Ma la ricerca preliminare mostra che il sistema nervoso può anche rigenerare queste connessioni sinaptiche e recuperare i ricordi perduti.
Il ruolo della serotonina nel formare memoria a lungo termine
Per molto tempo i neuroscienziati hanno meditato sul ruolo della serotonina nel favorire la formazione della memoria. Secondo uno studio sul moscerini della frutta Drosophila, indurre i loro neuroni a produrre più serotonina facilita l'apprendimento, favorendo la creazione di memoria.
Uno studio recente ha confermato queste conclusioni. Delle lumache Aplysia hanno ricevuto in laboratorio lievi scosse elettriche. Gli scienziati hanno scoperto che, quando davano le scosse, veniva rilasciata serotonina nel sistema nervoso centrale delle lumache. Questo portava alla formazione di connessioni sinaptiche che creano memoria a lungo termine.
Durante questo processo, il cervello produce anche nuove proteine che secondo gli scienziati aiutano la crescita della memoria a lungo termine. Le connessioni rimangono per un paio di giorni, il che significa che la "memoria" delle scosse elettriche rimane nelle lumache per alcuni giorni dopo l'esperienza.
Si tratta, senza dubbio, di informazioni interessanti sul funzionamento della memoria, ma quello che gli scienziati hanno scoperto in seguito è anche più incoraggiante. Hanno separato dei neuroni delle lumache in una capsula di Petri e vi hanno aggiunto serotonina. Si sono formate nuove connessioni sinaptiche tra i neuroni.
Gli scienziati hanno anche scoperto che la crescita di nuove connessioni neurali si fermava quando aggiungevano un inibitore della sintesi proteica subito dopo l'aggiunta di serotonina. Per inciso, la sintesi proteica è essenziale per la formazione della memoria e per preservare la funzionalità dei neuroni.
Queste conclusioni fanno sperare che gli scienziati possano scoprire presto farmaci per alterare la chimica del cervello e scatenare nuove connessioni sinaptiche nei malati di Alzheimer che hanno subito danni neurali. Questo ha il potenziale di ripristinare i ricordi perduti. Ma c'è un modo per impedire l'insorgenza dei danni sinaptici?
Il ruolo dell'amiloide-ß nel causare la disfunzione sinaptica nell'Alzheimer
I ricercatori ritengono che il fallimento sinaptico nei pazienti di Alzheimer sia associato a un eccesso di peptide amiloide-beta (Aß) nel cervello. Alcuni tipi di proteina Aß portano alla formazione di fibrille o placche nel cervello, e questi depositi causano disfunzione sinaptica. Inoltre, alcune forme di proteina Aß o oligomeri derivati da Aß influenzano negativamente la struttura e la composizione delle sinapsi e innescano la degenerazione neurale.
I peptidi Aß sono abbondanti nel cervello dei pazienti con Alzheimer. L'accumulo di Aß è stato associato anche al danno ossidativo nel cervello che sconvolge la normale funzionalità dei neuroni. Quindi è evidente che i metodi terapeutici che possono prevenire la proliferazione di peptidi Aß nel cervello, o inibire i loro effetti, possono fare molto nel prevenire e invertire la perdita di memoria nei pazienti di Alzheimer.
Il cervello umano ha la notevole capacità di rimodellare se stesso. È stato stabilito che la rigenerazione sinaptica è uno dei modi in cui il cervello rimane flessibile e aiuta la formazione della memoria. Questi risultati presentano una frazione di speranza per i pazienti e i caregiver e stimolano gli scienziati ad esplorare terapie che possono alterare geneticamente la chimica del cervello e invertire la degenerazione neuronale.
E non sono solo i malati di Alzheimer che possono guardare avanti verso un futuro di speranza. Anche le persone che soffrono di disturbi della memoria causati da lesioni cerebrali fisiche o da altre malattie neurodegenerative possono beneficiare di queste future terapie.
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Fonte: Viatcheslav Wlassoff PhD, consulente scientifico e medico con esperienza nel campo della ricerca farmaceutica e genetica.
Pubblicato in BrainBlogger.com (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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