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Il cervello assegna posizioni separate alle cose conosciute, aumentando l'efficienza del riconoscimento

Le esperienze del passato alterano la memoria e il riconoscimentoIl Prof. Boyer Winters con un modello di cervello umano.
Una nuova ricerca svolta all'Università di Guelph (Canada) sul cervello e sulla memoria potrebbe aiutare lo sviluppo di terapie per le persone con Alzheimer o con schizofrenia.


Lo studio, eseguito dal professore di psicologia Boyer Winters, con il suo gruppo di ricerca, è stato pubblicato di recente sul Journal of Neuroscience.


Il loro lavoro getta nuova luce sui meccanismi interni del cervello, in particolare sulle aree coinvolte nel riconoscimento e nel ricordo degli oggetti.


"Il nostro studio suggerisce che l'esperienza passata di un oggetto altera il circuito cerebrale responsabile del riconoscimento degli oggetti", ha detto Winters. "E ha implicazioni significative per la comprensione dell'elaborazione delle informazioni multisensoriali".


L'integrazione multisensoriale è una parte importante della memoria, secondo Winters. Ad esempio, se si tiene qualcosa in mano con gli occhi bendati, è probabile che si possa riconoscere dal tatto, se è stato visto prima. Ma come?


Perchè delle aree specializzate del cervello mediano le informazioni della vista e del tatto, dice Winters. Alcuni ricercatori dicono che quelle regioni 'parlano' tra di loro, consentendo il migliore riconoscimento dell'oggetto. Altri credono che il cervello integri le informazioni dei sensi e le memorizzi in un luogo del tutto separato, e poi attinge da quella zona per aiutare il riconoscimento dell'oggetto.


Winters e il suo team del Programma Neuroscienze Collaborative della University of Guelph si sono proposti di verificare quale modello è corretto, usando dei ratti. Hanno lasciato che alcuni ratti esplorassero brevemente le caratteristiche tattili e visive di un oggetto. Il giorno dopo, i ricercatori hanno mostrato l'oggetto agli stessi animali, e hanno confrontato le loro risposte [cerebrali] con quelle dei ratti che vedevano l'oggetto per la prima volta.


I ratti che esploravano gli oggetti per la prima volta sembravano usare varie regioni del cervello specializzate per riconoscere l'oggetto, mentre i ratti con una esposizione precedente sfruttavano una parte separata del loro cervello per svolgere lo stesso compito di memoria.


"Sapere prima come appare un oggetto permette di assimilare le informazioni in un modo che non avviene quando non c'è pre-esposizione", ha detto Winters. "Il nostro studio suggerisce che c'è una regione che il cervello assegna alla memoria basata su precedenti esperienze con gli oggetti". Più si vede un oggetto, più informazioni su di esso sono memorizzate in parti dedicate del cervello, portando a risposte comportamentali più efficienti, afferma Winters.


Lo studioso si augura che la ricerca possa contribuire allo sviluppo di terapie per le persone con demenza e altri disturbi cerebrali, che non riescono a riconoscere oggetti o persone altamente familiari.

 

 

 


Fonte: University of Guelph (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti:  D. L. Jacklin, J. M. Cloke, A. Potvin, I. Garrett, B. D. Winters. The Dynamic Multisensory Engram: Neural Circuitry Underlying Crossmodal Object Recognition in Rats Changes with the Nature of Object Experience. Journal of Neuroscience, 2016; 36 (4): 1273 DOI: 10.1523/JNEUROSCI.3043-15.2016

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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