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Apnea notturna collegata a livelli più alti di biomarcatore di Alzheimer nel cervello

Le persone che, secondo il partner di letto, smettono di respirare durante il sonno possono avere un accumulo più elevato di un biomarcatore del morbo di Alzheimer (MA), chiamato tau, in un'area del cervello che aiuta la memoria, secondo uno studio preliminare pubblicato ieri che sarà presentato alla 71a Riunione Annuale dell'American Academy of Neurology a Filadelfia, dal 4 al 10 maggio 2019.


L'apnea ostruttiva del sonno è una condizione che comporta frequenti episodi di respirazione interrotta durante il sonno, sebbene l'apnea possa anche essere un singolo evento di pausa nella respirazione durante il sonno. La tau, una proteina che si aggrega in grovigli, si trova nel cervello delle persone con MA.


L'autore dello studio Diego Z. Carvalho MD, della Mayo Clinic di Rochester nel Minnesota, membro dell'American Academy of Neurology, ha detto:

"Una persona di norma ha meno di cinque episodi di apnea all'ora durante il sonno. I partner di letto hanno più probabilità di notare questi episodi in cui le persone smettono di respirare più volte all'ora durante il sonno, sollevando la preoccupazione di un'apnea ostruttiva del sonno.

"Recenti ricerche hanno collegato l'apnea del sonno a un aumento del rischio di demenza, quindi il nostro studio ha cercato di indagare se le apnee osservate durante il sonno possono essere collegate alla deposizione di proteine ​​tau nel cervello".


Lo studio ha coinvolto 288 persone over-65 che non avevano deterioramento cognitivo. Ai compagni di letto è stato chiesto se fossero stati testimoni di episodi di respirazione interrotta durante il sonno. I partecipanti hanno avuto scansioni di tomografia a emissione di positroni (PET) per cercare l'accumulo di grovigli di tau nell'area della corteccia entorinale del cervello, un'area del cervello nel lobo temporale dove è più probabile trovare accumuli di tau rispetto ad altre aree.


Questa zona del cervello aiuta a gestire la memoria, la navigazione e la percezione del tempo. I ricercatori hanno identificato 43 partecipanti, il 15% del gruppo di studio, i cui compagni di letto hanno assistito alle apnee mentre dormivano.


I ricercatori hanno scoperto che coloro che avevano apnee avevano in media il 4,5% in più di tau nella corteccia entorinale rispetto a quelli che non avevano apnee, dopo aver tenuto conto di molti altri fattori che potevano influenzare i livelli di tau nel cervello, come età, sesso, educazione, fattori di rischio cardiovascolare e altri disturbi del sonno.


Carvalho ha affermato: "I nostri risultati di ricerca aumentano la possibilità che l'apnea notturna influisca sull'accumulo di tau. Ma è anche possibile che livelli più alti di tau in altre regioni possano predisporre una persona all'apnea del sonno, quindi sono necessari studi più lunghi per risolvere questo problema uovo-gallina".


Le limitazioni dello studio includevano la dimensione del campione relativamente piccola e la natura preliminare dello studio che richiede una convalida futura. Un altro limite grave è la mancanza di studi sul sonno per confermare la presenza e la gravità dell'apnea notturna e la mancanza di informazioni sul fatto che i partecipanti stessero già ricevendo un trattamento per l'apnea notturna.

 

 

 


Fonte: American Academy of Neurology (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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