Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Studio: cambiamenti cerebrali presenti già prima dei 50, ma il cibo può impedirli

Uno studio con neuroimmagini, guidato da Lilianne R. Mujica-Parodi PhD, professoressa della Stony Brook University, e pubblicato su PNAS, rivela che i cambiamenti neurobiologici associati all'invecchiamento sono presenti in età molto più precoce di quanto si pensava, già prima dei 50 anni. Tuttavia, lo studio suggerisce anche che questo processo può essere impedito o invertito da cambiamenti nell'alimentazione che comportano il taglio dei carboidrati semplici.


Per capire meglio come l'alimentazione influenza l'invecchiamento del cervello, il team di ricerca si è concentrato sul periodo presintomatico durante il quale la prevenzione può essere più efficace. Nel loro studio hanno dimostrato, con dati su larga scala di neuroscansioni di tutta la vita, che la comunicazione funzionale tra le regioni del cervello si destabilizza con l'età, in genere prima dei 50 anni, e quella destabilizzazione si correla con un declino della cognizione e accelera con l'insulino-resistenza.


Delle esperienze mirate hanno poi mostrato che questo biomarcatore dell'invecchiamento cerebrale è modulato attendibilmente dal consumo di carburanti diversi: la stabilità delle reti del cervello è diminuita dal glucosio, e aumentata dai chetoni. Questo effetto è stato replicato sia con cambiamenti all'alimentazione totale, sia dopo l'assunzione di un integratore specifico di carburante con pari numero di calorie.


La Mujica-Parodi, professoressa del Dipartimento di Ingegneria Biomedica con incarichi congiunti nelle Facoltà di Ingegneria e Scienze Applicate e di Medicina alla Stony Brook University, e membro del Centro Laufer di Biologia Fisica e Quantitativa, ha detto:

“Quello che abbiamo trovato con questi esperimenti contiene notizie sia buone che cattive. Quella cattiva è che noi vediamo i primi segni di invecchiamento cerebrale molto prima di quanto si pensasse. Tuttavia, la buona notizia è che potremmo essere in grado di prevenire o invertire questi effetti con la dieta, mitigando l'impatto dell'ipometabolismo lesivo, cambiando il glucosio con i chetoni come combustibile per i neuroni”.


Ciò che i ricercatori hanno scoperto, usando le neuroscansioni del cervello, è che c'è molto presto una interruzione della comunicazione tra le regioni del cervello (“la stabilità della rete”). Nelle parole della Mujica-Parodi:

“Noi pensiamo che, mentre le persone invecchiano, il loro cervello comincia a perdere la capacità di metabolizzare il glucosio in modo efficiente, causando lentamente la morte dei neuroni per fame, e destabilizzando le reti del cervello.

“Così, abbiamo cercato di capire se alimentando il cervello con una fonte di combustibile più efficiente, sotto forma di chetoni, o seguendo una dieta a basso contenuto di carboidrati o bevendo integratori chetonici, si può fornire al cervello maggiore energia. Anche negli individui più giovani, questa energia aggiunta ha dato più stabilità alle reti del cervello”.


Per condurre i loro esperimenti, i ricercatori hanno stabilito come biomarcatore dell'invecchiamento la stabilità della rete cerebrale, usando due grandi archivi di scansioni cerebrali (fMRI), per un totale di quasi 1.000 individui, con età da 18 a 88 anni. La destabilizzazione delle reti del cervello è stata associata a disturbi cognitivi ed è accelerata dal diabete di tipo 2, una malattia che blocca la capacità dei neuroni di metabolizzare efficacemente il glucosio.


Per identificare il meccanismo come specifico della disponibilità di energia, i ricercatori hanno poi tenuto costante l'età e hanno fatto la scansione fMRI a ulteriori 42 adulti di età inferiore ai 50 anni. Questo ha permesso loro di osservare direttamente l'impatto di glucosio e chetoni sul cervello di ciascun individuo.


La risposta del cervello all'alimentazione è stata testata in due modi. Il primo è stato olistico, mettendo a confronto la stabilità della rete del cervello dopo che i partecipanti avevano passato una settimana con una dieta standard (senza restrizioni) in confronto a una a basso contenuto di carboidrati (es.: carne o pesce con insalata, ma senza zucchero, cereali, riso, verdure ricche di amido).


In una dieta standard, il combustibile primario metabolizzato è il glucosio, mentre in una dieta a basso contenuto di carboidrati, il combustibile primario metabolizzato è formato da chetoni. Tuttavia, tra le diete ci potrebbero essere state altre differenze, che hanno portato agli effetti osservati.


Pertanto, per isolare il glucosio rispetto ai chetoni come differenza cruciale tra le diete, un insieme indipendente di partecipanti ha avuto una scansione prima e dopo aver bevuto una piccola dose di glucosio in un giorno, e chetoni nell'altro, in cui i due carburanti sono stati fatti corrispondere singolarmente per dose/peso e calorie. I risultati si sono replicati, mostrando che le differenze tra le diete potrebbero essere attribuite al tipo di combustibile che forniscono al cervello.


Ulteriori risultati dello studio comprendevano: gli effetti dell'invecchiamento cerebrale sono emersi a 47 anni, e la degenerazione più rapida avviene a 60 anni. Anche nei giovani adulti, sotto i 50 anni, la chetosi dietetica (se acquisita dopo una settimana di cambiamento di dieta o 30 minuti dopo aver bevuto chetoni) ha aumentato l'attività complessiva del cervello e stabilizzato le reti funzionali.


Si ritiene che questo sia dovuto al fatto che i chetoni forniscono alle cellule più energia del glucosio, anche quando i combustibili sono uguali per calorie. Questo beneficio è stato dimostrato in precedenza per il cuore, ma l'attuale serie di esperimenti fornisce la prima evidenza di effetti equivalenti nel cervello.


La Mujica-Parodi, ha detto:

“Questo effetto è importante perché l'invecchiamento del cervello, e specialmente la demenza, sono associati con l'«ipometabolismo», in cui i neuroni perdono gradualmente la capacità di usare efficacemente il glucosio come combustibile.

"Quindi, se riusciremo ad aumentare la quantità di energia disponibile per il cervello, usando un combustibile diverso, la speranza è riuscire a ripristinare un funzionamento più giovanile del cervello. In collaborazione con la dott.ssa Eva Ratai del Massachusetts General Hospital, stiamo attualmente affrontando questo problema, estendendo ora i nostri studi alle popolazioni più anziane“ .

“Un'ulteriore ricerca con collaboratori del Children's National, sotto la direzione del dottor Nathan Smith, si concentra sulla scoperta dei meccanismi precisi con cui il carburante impatta la segnalazione tra i neuroni.

"Infine, in collaborazione con il dott. Ken Dill e il dott. Steven Skiena, della Stony Brook, stiamo lavorando alla costruzione di un modello di calcolo completo che può incorporare la nostra comprensione della biologia, dai singoli neuroni al cervello completo, alla cognizione, mentre si sviluppa“.

 

 

 


Fonte: Stony Brook University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Lilianne Mujica-Parodi, Anar Amgalan, Syed Fahad Sultan, Botond Antal, Xiaofei Sun, Steven Skiena, Andrew Lithen, Noor Adra, Eva-Maria Ratai, Corey Weistuch, Sindhuja Tirumalai Govindarajan, Helmut Strey, Ken Dill, Steven Stufflebeam, Richard Veech, Kieran Clarke. Diet modulates brain network stability, a biomarker for brain aging, in young adults. PNAS, 3 Mar 2020, DOI

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Rivelato nuovo percorso che contribuisce all'Alzheimer ... oppure al canc…

21.09.2014 | Ricerche

Ricercatori del campus di Jacksonville della Mayo Clinic hanno scoperto...

Ricercatori delineano un nuovo approccio per trattare le malattie degenerative

8.05.2024 | Ricerche

Le proteine sono i cavalli da soma della vita. Gli organismi li usano come elementi costitutivi, ...

Svelati nuovi percorsi per la formazione di memoria a lungo termine

31.12.2024 | Ricerche

Ricercatori del Max Planck Florida Institute for Neuroscience hanno scoperto un nuovo percorso pe...

Dosi basse di radiazioni possono migliorare la qualità di vita nell'Alzhe…

6.05.2021 | Ricerche

Individui con morbo di Alzheimer (MA) grave hanno mostrato notevoli miglioramenti nel co...

[Domenic Praticò] Consigli pratici per diventare un super-anziano

1.12.2025 | Esperienze & Opinioni

Quando si parla di invecchiamento, sappiamo che esso non è un processo uniforme e uguale per tutt...

Demenza: mantenere vive le amicizie quando i ricordi svaniscono

16.01.2018 | Esperienze & Opinioni

C'è una parola che si sente spesso quando si parla con le famiglie di persone con demenz...

Piccola area del cervello ci aiuta a formare ricordi specifici: nuove strade p…

6.08.2025 | Ricerche

La vita può dipanarsi come un flusso continuo, ma i nostri ricordi raccontano una storia...

Alzheimer e le sue proteine: bisogna essere in due per ballare il tango

21.04.2016 | Ricerche

Per anni, i neuroscienziati si sono chiesti come fanno le due proteine ​​anomale amiloid...

Cosa rimane del sé dopo che la memoria se n'è andata?

7.04.2020 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è caratterizzato da una progressiva perdita di memoria. Nelle...

Pressione bassa potrebbe essere uno dei colpevoli della demenza

2.10.2019 | Esperienze & Opinioni

Invecchiando, le persone spesso hanno un declino della funzione cerebrale e spesso si pr...

LipiDiDiet trova effetti ampi e duraturi da intervento nutrizionale all'i…

9.11.2020 | Ricerche

Attualmente non esiste una cura nota per la demenza, e le terapie farmacologiche esisten...

Studio rivela dove vengono memorizzati i frammenti di memoria

22.07.2022 | Ricerche

Un momento indimenticabile in un ristorante può non essere esclusivamente il cibo. Gli o...

Svelata una teoria rivoluzionaria sull'origine dell'Alzheimer

28.12.2023 | Ricerche

Nonostante colpisca milioni di persone in tutto il mondo, il morbo di Alzheimer (MA) man...

La nostra identità è definita dal nostro carattere morale

24.06.2019 | Esperienze & Opinioni

Ti sei mai chiesto cos'è che ti rende te stesso? Se tutti i tuoi ricordi dovessero svani...

Il girovita può predire il rischio di demenza?

6.11.2019 | Ricerche

Il primo studio di coorte su larga scala di questo tipo ha esaminato il legame tra il girovita in...

Paesi asiatici assistono gli anziani in modo diverso: ecco cosa possiamo impar…

28.10.2020 | Esperienze & Opinioni

A differenza dei paesi occidentali, le culture tradizionali asiatiche mettono un forte a...

Flusso del fluido cerebrale può essere manipolato dalla stimolazione sensorial…

11.04.2023 | Ricerche

Ricercatori della Boston University, negli Stati Uniti, riferiscono che il flusso di liq...

Pensaci: tenere attivo il cervello può ritardare l'Alzheimer di 5 anni

21.07.2021 | Ricerche

Mantenere il cervello attivo in vecchiaia è sempre stata un'idea intelligente, ma un nuo...

Scoperto il punto esatto del cervello dove nasce l'Alzheimer: non è l…

17.02.2016 | Ricerche

Una regione cruciale ma vulnerabile del cervello sembra essere il primo posto colpito da...

Districare la tau: ricercatori trovano 'obiettivo maneggiabile' per …

30.01.2019 | Ricerche

L'accumulo di placche di amiloide beta (Aβ) e grovigli di una proteina chiamata tau nel ...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)