La diagnosi e il percorso dell'Alzheimer o di altri disturbi cognitivi sono molto impegnativi. Affrontare la malattia con la sua 'nuova normalità', e accogliere l'individuo è molto importante.
Durante la mia vita professionale mi sono sempre impegnato a trovare risposte ai complessi problemi della malattia di Alzheimer o di altre malattie cognitive. Di una cosa ne sono certo: è una sfida quotidiana da fare a piccoli passi che però alla fine danno risultati.
Durante questi anni, mi sono reso conto delle sfide quotidiane che sia i pazienti che le famiglie di individui affetti dalla malattia devono affrontare. Una di queste sfide è la complessa questione dello stigma associato alla malattia e la lotta all'idea sociale di normalità. Le norme sociali raramente guardano favorevolmente alle diversità, comprese quelle che si manifestano con una diagnosi di una malattia seria e difficile.
I cambiamenti in un individuo secondari alla malattia potrebbero essere percepiti come una debolezza o un deficit. Poiché la paura di affrontare l'ignoto è forte, in questi casi potendo scegliere, molti prendono le distanze da quella persona e il suo contesto. Questo atto di distanziamento è probabilmente una reazione alla paura, al non sapere il modo giusto di agire, di dire o fare la cosa sbagliata. Però secondo me affidarsi alla gentilezza e alla compassione verso l'individuo affetto dalla malattia è sempre la strada migliore.
Potremmo anche porci una domanda: cos'è la normalità, e chi tra noi può rivendicare tale etichetta? Dopo tutto, l'individualità è ciò che rende ognuno di noi unico, speciale e insostituibile. La normalità non può essere realmente definita e chi vorrebbe definirla? Nessuno vorrebbe una famiglia, una comunità o un mondo piatto fatto di una uguaglianza universale. Nonostante la malattia possa causare cambiamenti in un individuo, quella persona è comunque la stessa, unica e meravigliosa persona di sempre. È ora di ridefinire il concetto di 'normale'. Nel farlo, bisogna abbandonare i pregiudizi e cancellare gli stigma. Nel contesto della malattia di Alzheimer e di altre malattie cognitive, per gli individui affetti e le relative famiglie l'accettazione senza stigmi sarebbe già un progresso notevole.
Ridefinire il concetto di normalità inizia da ognuno di noi. A nessuno è garantita una vita senza sfide, sofferenza o ostacoli. E nessuno di noi può onestamente dire che vivere è un'esperienza senza ostacoli o sofferenza. In effetti, condividiamo tutti questi aspetti della nostra umanità, comprese le prove più difficili come la diagnosi e la gestione della malattia, sia come colpiti da essa, o come familiari o spettatori. Non c'è dubbio che la malattia metta alla prova la nostra accettazione del 'normale' nel modo più difficile.
Il percorso di graduale cambiamento cognitivo che deriva dalla malattia di Alzheimer è senza dubbio terrificante. Esso presenta cambiamenti che sono esteriormente evidenti, involontari e contrastano in maniera netta con la definizione sociale di 'normale'. Tocca a noi impegnarci per ridefinire questo concetto, accettando a braccia aperte coloro che hanno più bisogno del nostro supporto.
C'è una forza, una dignità e una virtù incredibile che accompagna anche la diagnosi di una malattia come l'Alzheimer. Accettiamo ogni individuo nel momento della diagnosi, perché è ancora lo stesso individuo incredibile di sempre. Aiutiamo gli altri a fare lo stesso attraverso l'inclusione, la discussione aperta e coraggiosa.
Io sono convinto che mai come oggi le cure per molte malattie (se non tutte) siano a portata di mano. Comunque parallelamente, e di pari importanza, io sono anche convinto che dobbiamo fare del progresso nel campo della tolleranza, della rimozione dei pregiudizi, e dell'accettazione di un concetto di 'normalità' in continua evoluzione. Ma non dimentichiamo che tutto ciò inizia dentro ognuno di noi, dentro i nostri cuori e nel modo in cui trattiamo gli altri.
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Fonte: Domenico Praticò in Pratico Lab
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