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L’approccio capacitante: l’altro volto della demenza

woman listening music through headphones home Image by Freepik

L'approccio Capacitante, ideato da Pietro Vigorelli, rappresenta una vera e propria rivoluzione nel modo di relazionarsi con le persone affette da demenza. Si fonda su un principio fondamentale: non è la malattia a dover essere al centro, ma la persona. L'approccio enfatizza l’importanza dell’ascolto attivo, della scelta consapevole delle parole e della creazione di situazioni che permettano alla persona di esprimere le sue capacità residue senza sentirsi giudicata o incapace. L’obiettivo non è correggere o migliorare le abilità, ma accompagnare, rispettare i limiti e sostenere le potenzialità della persona. Come sottolinea Vigorelli: "Il nostro compito non è quello di curare o risolvere la malattia, ma di mantenere viva la persona, nella sua dignità, riconoscendo la sua umanità".

 

Oltre la malattia: la persona al centro

Spesso la diagnosi di Alzheimer trasforma radicalmente la percezione della persona, facendola coincidere con la sua malattia. Si tende a vedere solo il 10-20% delle funzioni compromesse, dimenticando che l'80-90% della persona rimane ancora intatto, almeno nelle fasi iniziali. Questo atteggiamento può generare sofferenza anticipatoria sia per chi assiste sia per chi è malato, impedendo di vivere pienamente il presente.

L’approccio Capacitante, invece, invita a focalizzarsi sulle risorse piuttosto che sulle carenze. Un esempio emblematico è quello di un anziano che, pur non ricordando nomi e volti, si illumina quando ascolta una musica familiare, quando vede la foto dei propri genitori o quando annusa un fiore, dimostrando che la memoria sensoriale ed emotiva resta viva più a lungo rispetto a quella cognitiva.

L’approccio Capacitante sottolinea che ogni individuo ha un 'Io sano' e un 'Io malato' che coesistono e si alternano. L’errore più comune è focalizzarsi unicamente sull'Io malato, tralasciando le competenze ancora presenti. Anche un gesto semplice, come piegare un tovagliolo o accarezzare una mano, può essere un modo per riaffermare la propria identità.

Pietro Vigorelli ci riporta l’esempio di un racconto di un operatore sanitario: "Un giorno, mentre aiutavo una signora a vestirsi, lei ha iniziato a dirmi che doveva preparare la cena per i suoi figli. Invece di correggerla, le ho chiesto cosa avrebbe cucinato. Ha sorriso e ha iniziato a raccontarmi delle sue ricette preferite. In quel momento, non era solo una paziente: era di nuovo una madre, una cuoca, una donna con una storia".

 

Il presente: l’anziano molteplice e mutevole

Le persone con Alzheimer vivono in un presente sempre nuovo. La loro percezione del tempo è alterata: cinque minuti e due ore possono sembrare uguali, generando ansia per un'attesa che non riescono a comprendere. Accettare e adattarsi a questa realtà significa entrare nel loro mondo senza cercare di correggerlo. Un paziente racconta: "Persa l’idea, ho perso tutto e non mi resta che continuare a girare attorno cercando di capire cosa fosse così importante poco prima". Questa frase esprime il senso di smarrimento vissuto da chi soffre di demenza, ma anche il bisogno di trovare conforto nella ripetizione e nel movimento. Il cosiddetto wandering non è solo un vagare senza meta, ma una forma di esplorazione, una ricerca di sicurezza, la manifestazione di un bisogno o un modo che la persona ha trovato per dirci che è attiva, che è ancora presente. 

L'approccio Capacitante aiuta a riconoscere che la persona non è riducibile a un’unica identità, ma vive, nel suo presente, una serie di mondi possibili, che meritano di essere ascoltati e rispettati. L’anziano con demenza è molteplice e mutevole. Molteplice significa che una signora anziana può percepirsi come mamma che deve preparare la cena per i bambini, come una vecchia ricoverata o come una bambina bisognosa di accudimento. Le sue identità si alternano e si intrecciano, riflettendo il ricco vissuto di una vita piena di esperienze.


Mutevole si riferisce al fatto che la malattia non è sempre uguale: ad esempio al mattino può essere lucida e orientata, mentre nel pomeriggio molto confusa. Le identità si alternano, creando un quadro dinamico e imprevedibile. È essenziale, quindi, riconoscere che l’anziano con demenza non è solo un 'demente' e che non lo è sempre. Le identità multiple della persona anziana sono radicate nelle esperienze di vita, ma la malattia di Alzheimer rende difficile per la persona padroneggiarle tutte, creando momenti di confusione in cui può essere genitore in un momento e figlio in un altro. L’approccio Capacitante, in questo contesto non cerca di imporre una sola identità, ma di validare e comprendere quelle che emergono nel presente, o meglio nel loro presente.

 

La relazione: l’importanza delle parole

La comunicazione con le persone con demenza non si limita alle parole: ogni gesto, sguardo, tono di voce trasmette un messaggio. Le emozioni continuano a essere un ponte tra mente e corpo, permettendo un'interazione significativa anche quando il linguaggio verbale viene meno. Un paziente afferma: "Vorrei che i malati di Alzheimer non fossero sempre messi in disparte, ma che potessero dire: anche noi siamo persone". Questa frase sottolinea un bisogno universale di riconoscimento e rispetto.

L'Alzheimer non cancella l’essenza di una persona, ma la trasforma. Sta a noi scegliere se vedere solo la malattia o riscoprire l’individuo che vi è dietro. Ciò che è trasformativo è l'esperienza di un anziano nell'essere con un'altra persona che lo riconosce come la persona che è. Forse conta poco quello di cui si parla, l’essenziale è il modo in cui si parla.

Ci sono parole che creano confusione e parole che rasserenano. Parole che scavano una distanza e parole che costruiscono ponti. Non è necessario stabilire la correttezza formale o storica di ciò che si ascolta. L’obiettivo è che la persona stia meglio, e noi con lei. Questo è il possibile punto d’incontro felice di cui parla Pietro Vigorelli. L'approccio Capacitante, quindi, ci insegna che il vero cambiamento avviene nel modo in cui ci relazioniamo con chi soffre di demenza: riconoscendo le sue emozioni, accogliendo la sua realtà e valorizzando ogni frammento di umanità ancora presente.

 

 

 


Fonte: Dott.ssa Angelica Carron

Riferimenti:

  • Vigorelli Pietro, L’altro volto dell’Alzheimer. Avere una demenza, essere una persona, FrancoAngeli, 2020.
  • Vigorelli Pietro, L'approccio capacitante. Come prendersi cura degli anziani fragili e delle persone malate di Alzheimer, FrancoAngeli, 2016.

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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