L'Alzheimer non ha avuto dalla ricerca alcuna scoperta "cambia-gioco" nel 2015, anche se c'è stato qualche progresso nella diagnostica per immagini, nella prevenzione e nel trattamento farmacologico, secondo gli esperti contattati da MedPage Today.
Quando è stato chiesto qual è il progresso clinico più importante del 2015 per l'Alzheimer, gli specialisti hanno risposto che non ne è apparso alcuno sul fronte della pratica clinica quotidiana.
"Anche se si possono citare diversi studi clinici che hanno segnalato successi marginali o minori, purtroppo nessuno di loro si può qualificare come «grande progresso clinico»", ha detto Zaven Khachaturian PhD, redattore capo di Alzheimer's & Dementia: Journal of the Alzheimer's Association.
"Siamo in un momento di calma piatta in termini di risultati degli studi, certamente, se vogliamo intendere «questo cambierà immediatamente la pratica»", ha detto Steven T. DeKosky MD, professore Aerts-Cosper di ricerca di Alzheimer della University of Florida di Gainesville.
"Molti attori promettenti in giro, ma nessuno è ancora in fase clinica. Questo è il semplice fatto", ha detto Jason Karlawish MD, condirettore del Penn Memory Center e direttore del Penn Healthy Brain Research Center della University of Pennsylvania di Philadelphia.
MedPage Today aveva chiesto a 55 neurologi di diverse specializzazioni di citare il progresso più grande nel loro campo. Ecco i cinque che hanno elencato.
- Sclerosi Multipla: risultati ocrelizumab in ORATARIO e OPERA 1 e 2;
- Ictus: pubblicazione di vari studi che confermano l'efficacia della neurotrombectomia per l'ictus ischemico acuto;
- Parkinson: nuove formulazioni per portare Carbidopa / Levodopa al cervello;
- Sonno: studio SERVE-HF che ha dimostratoche la servoventilazione adattiva aumenta la mortalità;
- Alzheimer: nessun singolo progresso clinico qualificato come "cambia-gioco".
Tuttavia, gli specialisti di Alzheimer hanno detto che quest'anno il settore ha visto dei progressi nell'individuare nuovi approcci alla clinica nel prossimo futuro. Diversi esperti hanno sottolineato i movimenti positivi nell'imaging.
Reisa Sperling MD, direttrice del Center for Alzheimer Research and Treatment al Brigham and Women's Hospital di Boston, ha detto che l'imaging PET della tau è un passo in avanti importante per valutare il rallentamento della progressione della malattia negli studi clinici di AD. Ha appena pubblicato dei risultati in Annals of Neurology che "suggeriscono che il PET 18F-T807 potrebbe avere un valore come biomarcatore che riflette sia la progressione della taupatia di AD, sia l'emergere di compromissione clinica".
Nella prevenzione, "si parla sempre di più dell'importanza dei cambiamenti allo stile di vita, come la dieta e l'esercizio fisico, per combattere l'AD e per aiutare a prevenirlo o ritardarlo, e questo tipo di informazioni è usato sempre di più nella pratica clinica", ha dichiarato Jeff Burns MD, condirettore dell'Alzheimer's Disease Center all'Università del Kansas di Kansas City.
Infine, sono stati citati diversi studi sui farmaci. Uno è lo studio EXPEDITION sul solanezumab, presentato alla Conferenza Internazionale dell'Alzheimer's Association (AAIC) in luglio, che è stato definito "il progresso con il maggior potenziale di cambiamento nella pratica" da Joseph Masdeu MD, direttore del Nantz National Alzheimer Center allo Houston Methodist Neurological Institute. Lo studio ha scoperto che il solanezumab potrebbe offrire alcuni benefici alla cognizione e alla funzionalità quando viene assunto all'inizio della progressione della malattia.
E John C. Morris MD, direttore del Knight Alzheimer Disease Research Center della Washington University di St. Louis, ha detto che "molti ricercatori" potrebbero citare lo studio di fase II dell'aducanumab su individui con AD sintomatico che è stato presentato ai convegni (anche all'AAIC di luglio). Morris ha detto che lo studio sembrava "dimostrare sia una riduzione del carico di amiloide cerebrale (con l'imaging PET amiloide), che una risposta clinica (meno declino) nei soggetti trattati, rispetto al placebo". Ma ha detto che sono necessari risultati di fase III.
Inoltre, Alan Lerner MD, direttore del Brain Health and Memory Center di Cleveland, ha indicato la tendenza preoccupante nel 2015 di vedere persone nella fasi di minore deterioramento cognitivo. Lerner ha detto che questo rappresenta l' "emergere del cosiddetto deterioramento cognitivo soggettivo (SIC)". Ha definito questi dati "abbastanza allarmanti" in termini di demenza: "almeno il 50% alla fine". "Stiamo lavorando su molte persone con la neuropsicologia, la risonanza magnetica, ecc, anche se la maggior parte di noi sarebbe prima d'accordo che non esiste un trattamento specifico, ma [piuttosto] per «fissare la linea di base»".
Ma, come ha sottolineato Khachaturian, "la maggior parte di queste rivendicazioni di "successo" sono soltanto delle cambiali, l'ultima frase tipica «abbiamo bisogno di ulteriori studi», è l'ammissione involontaria di questi studi che sembra che abbiano ottenuto chi sa cosa, mentre il risultato reale è poco più che nullo".
Fonte: Roger Sergel in MedPage Today (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.