Uno studio rivoluzionario condotto da ricercatori del Biome Lab della Florida State University, pubblicato sul Journal of Infectious Diseases, ha rivelato un potenziale legame tra un'infezione causata dai batteri intestinali e la progressione del morbo di Alzheimer (MA).
La ricerca ha scoperto che il Klebsiella pneumoniae, un batterio comune noto per causare infezioni acquisite in ospedale, può migrare dall'intestino nel flusso sanguigno e infine nel cervello. Questa invasione batterica può portare ad una maggiore infiammazione nel cervello e compromettere le funzioni cognitive, imitando i sintomi osservati nei pazienti di MA.
“I ricoveri e i soggiorni in terapia intensiva, combinati con l'esposizione agli antibiotici, possono portare a un ulteriore declino della diversità del microbioma che lascia gli anziani ad alto rischio non solo di problemi digestivi, ma anche di patologie extra-intestinali come i disturbi neurodegenerativi, attraverso una disregolazione dell'asse intestino-cervello", ha affermato Rainder Nagpal, assistente professore della FSU e il direttore del laboratorio Gut Biome.
Lo studio è il primo a mostrare una correlazione diretta tra l'infezione da K. pneumoniae e la patologia di MA, alimentando il campo emergente che indaga su come gli agenti infettivi possono innescare o aggravare il MA. Apre anche la strada a ricerche future su come trattare agenti infettivi dannosi in popolazioni vulnerabili come gli anziani o quelli in ripresa dalla sepsi.
La ricerca suggerisce che, quando gli antibiotici distruggono l'intestino, possono nascere problemi non solo nell'intestino ma anche nel cervello. Usando topi modello preclinico, i ricercatori hanno dimostrato che l'esposizione agli antibiotici esaurisce la diversità batterica intestinale e provoca squilibrio nel microbioma, promuovendo la proliferazione di K. pneumoniae creando una nicchia favorevole.
Quando ciò accade, il K. pneumoniae può spostarsi dall'intestino nel flusso sanguigno passando attraverso il rivestimento dell'intestino e alla fine raggiungere il cervello, innescando neuroinfiammazione e compromissione neurocognitiva. I risultati enfatizzano il rischio delle infezioni acquisite in ospedale, come K. pneumoniae, di favorire lo sviluppo di malattie neurodegenerative.
"Le infezioni settiche acquisite in ospedale sono uno dei fattori di rischio che possono aumentare la predisposizione al futuro deterioramento neuroinfiammatorio e neurocognitivo, specialmente negli anziani", ha affermato Nagpal.
Lo studio evidenzia la necessità di approcci terapeutici innovativi per combattere la crescente prevalenza del MA, oltre alle terapie esistenti anti proteine amiloide e tau. Ulteriori ricerche potrebbero fornire informazioni sulle strategie preventive volte a gestire i patogeni acquisiti in ospedale e preservare la salute cognitiva nelle popolazioni che invecchiano.
Fonte: Kayla Cardenas in Florida State University (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: G Park, [+8], R Nagpal. An Enteric Bacterial Infection Triggers Neuroinflammation and Neurobehavioral Impairment in 3xTg-AD Transgenic Mice, J Infect Dis, 2024, DOI
Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.