I lisosomi, i sistemi di 'smaltimento dei rifiuti' delle cellule, si trovano in grande abbondanza nei pressi delle placche amiloidi cerebrali, un segno distintivo dell'Alzheimer.
Gli scienziati hanno ipotizzato molto tempo fa che la loro presenza fosse di aiuto perchè degradano le proteine tossiche che scatenano la formazione delle placche amiloidi.
Tuttavia, nei pazienti di Alzheimer, i lisosomi non hanno la capacità di fare il loro lavoro correttamente, e invece di aiutare, l'accumulo di lisosomi può anche contribuire alla malattia, secondo quanto riferiscono dei ricercatori della Yale University dal 29 giugno 2015 su Proceedings of the National Academy of Sciences.
I nuovi risultati sollevano la possibilità che indurre i lisosomi a fare il loro lavoro potrebbe aiutare a prevenire i processi tossici che alla fine distruggono le menti dei malati di Alzheimer.
Più di mezzo secolo fa gli scienziati avevano notato la presenza di un gran numero di lisosomi sulle placche amiloidi. Questo nuovo studio suggerisce che i lisosomi che si accumulano nei neuroni a contatto con le placche amiloidi sono arricchiti in modo anomalo con β-secretasi, l'enzima che avvia la produzione del peptide amiloide-β tossico.
Questi lisosomi disfunzionali non hanno la capacità di degradare la β-secretasi, hanno detto i ricercatori. "Pensiamo che questo rappresenti un circolo vizioso", ha detto Swetha Gowrishankar, ricercatrice postdottorato che ha guidato la ricerca nel laboratorio di Shawn Ferguson, assistente professore di biologia cellulare.
I lisosomi non possono maturare perché le placche amiloidi bloccano la loro capacità di spostarsi all'interno degli assoni neuronali, fatto che a sua volta provoca un maggiore accumulo locale di β-secretasi e la formazione di più peptide amiloide-β, secondo i ricercatori.
Il team in seguito userà strategie genetiche per ripristinare maturazione e funzione dei lisosomi neuronali in topi modello di Alzheimer, per determinare se questo protegge dallo sviluppo della patologia di malattia. I ricercatori fanno notare anche che la disfunzione dei lisosomi è stata collegata ad altre malattie neurodegenerative tra cui il Parkinson e la demenza frontotemporale.
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Hanno contribuito a questo studio i laboratori di Pietro De Camilli, Professore di neuroscienze e biologia cellulare, e di Jaime Grutzendler, professore associato di neurologia. Tutti questi ricercatori sono membri del Program in Cellular Neuroscience, Neurodegeneration, and Repair della Yale.
Il finanziamento per questa ricerca è stato fornito dai National Institutes of Health, dallo Howard Hughes Medical Institute, dalla Ellison Medical Foundation, e dal Consortium for Frontotemporal Dementia Research.
Fonte: Bill Hathaway in Yale University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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