Decifrando il meccanismo che sta alla base dello sviluppo dell'Alzheimer in certe famiglie, e non in altre, i ricercatori della Hebrew University di Gerusalemme hanno proposto che la malattia è in realtà un insieme di malattie che probabilmente dovrebbero essere trattate con approcci diversi.
Le malattie neurodegenerative sono condizioni incurabili e debilitanti che provocano la degenerazione o la morte delle cellule nel sistema nervoso. Condizioni come i disturbi da prioni (la più famosa delle quali è la 'malattia della mucca pazza'), l'Alzheimer e il Parkinson condividono due caratteristiche fondamentali: sono causate dal ripiegamento errato e dell'aggregazione di proteine, e la loro insorgenza avviene tardi nella vita.
Queste malattie emergono sia sporadicamente o come malattie familiari legate a mutazioni (certe malattie da prioni possono essere anche contagiose). La maggior parte dei casi sporadici sono diagnosticati durante la settima decade di vita del paziente o dopo, mentre i casi familiari in genere si manifestano durante la quinta o sesta decade. Nonostante la loro relativa rarità, i casi legati a mutazioni sono molto importanti, in quanto forniscono suggerimenti che possono aiutare a decifrare i meccanismi che sono alla base dello sviluppo della malattia.
La caratteristica dell'insorgenza tardiva tipica di malattie neurodegenerative specifiche, e gli schemi temporali comuni dell'insorgenza di queste malattie, sollevano domande chiave: in primo luogo, perché i portatori della mutazione legata alla malattia non mostrano segni clinici fino alla quinta o sesta decade di vita? Inoltre, perché disturbi apparentemente diversi condividono un modello temporale comune di insorgenza?
Una possibile spiegazione è che, con l'invecchiamento, diminuisce l'efficienza dei meccanismi che proteggono i giovani dall'aggregazione tossica di proteine, esponendoci alla malattia. In effetti, studi precedenti indicano chiaramente che il processo di invecchiamento ha un ruolo chiave nel permettere alle patologie neurodegenerative di insorgere in età avanzata.
Questi scoperta ha sollevato la domanda: quali meccanismi sono regolati negativamente dall'invecchiamento, consentendo l'emergere di neurodegenerazione negli anziani?
Dal momento che le malattie neurodegenerative nascono da ripiegamento aberrante di proteine, un gruppo di ricerca internazionale, guidato dal Prof. Ehud Cohen e dalla Dott.ssa Tziona Ben-Gedalya dell'Istituto Ricerca Medica Israele-Canada (IMRIC) dell'Università Ebraica, ha postulato che una diminuzione legata all'età dell'attività di proteine che aiutano altre proteine a piegarsi correttamente, può essere un meccanismo che espone gli anziani alla neurodegenerazione.
Per identificare tali meccanismi, il gruppo ha cercato uno schema di mutazioni simili in diverse proteine che sono collegate allo sviluppo di malattie neurodegenerative distinte. La ricerca ha dimostrato che lo sviluppo dell'Alzheimer in certe famiglie, e di un disordine familiare da prioni in altre famiglie, proviene da schemi di mutazione molto simili.
Sulla base di questa scoperta, i ricercatori hanno identificato che il malfunzionamento della proteina 'ciclofilina B', che aiuta le proteine nascenti a raggiungere le strutture spaziali appropriate, è responsabile della manifestazione di entrambe le malattie. Hanno anche caratterizzato ampiamente il meccanismo che sta alla base dello sviluppo dell'Alzheimer in soggetti che portano queste mutazioni, e hanno scoperto che non ha alcuna rilevanza nell'insorgenza della malattia nei pazienti che portano altre mutazioni collegate all'Alzheimer.
Secondo il Prof. Ehud Cohen: "Questo studio fornisce nuove importanti informazioni: primo, esso dimostra che lo sviluppo di malattie neurodegenerative distinte nasce da un meccanismo simile. Ancora più importante, indica che l'Alzheimer può provenire da più di un meccanismo, suggerendo che è in realtà un insieme di malattie che dovrebbero essere classificate".
Le nuove prospettive derivati da questo studio potrebbero rafforzare gli sforzi per sviluppare nuove terapie per i diversi sottotipi di Alzheimer, dando nuove speranze a coloro che soffrono di questo disturbo incurabile e alle loro famiglie.
Il Prof. Ehud Cohen ha aggiunto: "Il nostro studio propone che il mancato sviluppo di una terapia efficace per l'Alzheimer deriva dal mettere insieme, negli esperimenti clinici, pazienti che soffrono di disturbi distinti, che alla fine portano a sintomi di Alzheimer. Pertanto, è essenziale caratterizzare accuratamente e classificare i meccanismi che sono alla base dell'Alzheimer, per consentire lo sviluppo di nuove terapie che possono essere prescritte al singolo paziente in base al suo sottotipo rilevante di malattia".
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Hanno collaborato alla ricerca scienziati dell'Università di Tel Aviv e dei National Institutes of Health degli Stati Uniti. Lo studio è stato sostenuto dalla Rosalinde and Arthur Gilbert Foundation (AFAR), dal Consiglio Europeo della Ricerca, del National Institute for Psychobiology in Israel (NIPI) e della Israel Science Foundation.
Fonte: The Hebrew University of Jerusalem (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Tziona Ben‐Gedalya, Lorna Moll, Michal Bejerano‐Sagie, Samuel Frere, Wayne A Cabral, Dinorah Friedmann‐Morvinski, Inna Slutsky, Tal Burstyn‐Cohen, Joan C Marini, Ehud Cohen. Alzheimer's disease‐causing proline substitutions lead to presenilin 1 aggregation and malfunction. The EMBO Journal, Published online 05.10.2015. DOI:10.15252/embj.201592042
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