Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Il circolo vizioso che fa perdere le cellule cerebrali in età avanzata

E' il recettore CB1 il responsabile dell'effetto intossicante della cannabis. Tuttavia, sembra agire anche come una sorta di 'sensore' con il quale i neuroni misurano e controllano l'attività di alcune cellule immunitarie nel cervello.


Uno studio recente eseguito all'Università di Bonn punta proprio in questa direzione. Se il sensore non funziona, può insorgere infiammazione cronica, che è probabilmente l'inizio di un pericoloso circolo vizioso. La pubblicazione appare sulla rivista Frontiers in Molecular Neuroscience.


L'attività delle cosiddette microglia ha un ruolo importante nell'invecchiamento cerebrale. Queste cellule fanno parte della difesa immunitaria del cervello: ad esempio, individuano e digeriscono i batteri, ma eliminano anche le cellule nervose malate o difettose. Usano anche sostanze messaggere per allertare altre cellule di difesa e quindi avviare una campagna concertata per proteggere il cervello: un'infiammazione.


Questo meccanismo di protezione ha effetti collaterali indesiderati; può anche causare danni al tessuto cerebrale sano. Le infiammazioni quindi, di norma, sono strettamente controllate. "Sappiamo che i cosiddetti endocannabinoidi hanno un ruolo importante in questo", spiega il dott. Andras Bilkei-Gorzo dell'Istituto di Psichiatria Molecolare dell'Università di Bonn. "Queste sono sostanze messaggere prodotte dall'organismo, che si comportano come un segnale di frenata: impediscono l'attività infiammatoria delle cellule gliali".


Gli endocannabinoidi sviluppano il loro effetto legandosi a recettori speciali: ne esistono due tipi diversi, CB1 e CB2. "Tuttavia, le microglia non hanno praticamente recettori CB1 e un livello molto basso di CB2", sottolinea Bilkei-Gorzo. "Sono quindi sorde dall'orecchio CB1. Eppure reagiscono ai segnali-freno corrispondenti; perché succede, finora non era chiaro".

 

Neuroni come "intermediari"

Gli scienziati dell'Università di Bonn sono riusciti a fare luce su questo puzzle. Le loro scoperte indicano che i segnali-freni non vanno direttamente alle cellule gliali, ma tramite intermediari, un certo gruppo di neuroni, perché questo gruppo ha un gran numero di recettori CB1. "Abbiamo studiato topi di laboratorio in cui il recettore di questi neuroni era stato spento", spiega Bilkei-Gorzo. "In questi animali l'attività infiammatoria delle microglia era più alta in permanenza".


Al contrario, nei topi di controllo con recettori CB1 funzionali, le forze di difesa del cervello erano inattive come di norma. Questo è cambiato solo in presenza dello stimolo infiammatorio. "Sulla base dei nostri risultati, ipotizziamo che i recettori CB1 sui neuroni controllino l'attività delle microglia", ha detto Bilkei-Gorzo. "Tuttavia, non possiamo ancora dire se questo sia anche il caso negli umani".


È così che potrebbe funzionare nei topi: non appena le microglia rilevano un attacco batterico o un danno neuronale, passano alla modalità infiammazione. Producono endocannabinoidi, che attivano il recettore CB1 dei neuroni nelle loro vicinanze. In questo modo, informano le cellule nervose della loro presenza e attività. I neuroni potrebbero quindi essere in grado di limitare la risposta immunitaria. Gli scienziati hanno dimostrato che i neuroni regolano in modo simile l'altro tipo di cellula gliale principale, gli astrociti.


Durante l'invecchiamento la produzione di cannabinoidi diminuisce raggiungendo un livello basso negli individui anziani. Ciò potrebbe portare a una sorta di circolo vizioso, sospetta Bilkei-Gorzo: "Poiché i recettori neuronali CB1 non sono più attivati a sufficienza, le cellule gliali sono quasi sempre in modalità infiammatoria. Ne consegue che muoiono più neuroni regolatori, quindi la risposta immunitaria è meno regolamentata e può diventare senza limiti".


Con dei farmaci si potrebbe rompere questo circolo vizioso in futuro. Per esempio, c'è la speranza che la cannabis aiuti a rallentare la progressione della demenza. Il suo ingrediente, il tetraidrocannabinolo (THC), è un potente attivatore del recettore CB1 - anche a dosi basse, esenti da effetti intossicanti.


L'anno scorso, i ricercatori di Bonn e i colleghi in Israele hanno dimostrato che la cannabis può invertire i processi di invecchiamento nel cervello dei topi. Questo suggerisce ora che un effetto anti-infiammatorio del THC può avere un ruolo nel suo effetto positivo sull'invecchiamento del cervello.

 

 

 


Fonte: University of Bonn (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Frank Ativie, Joanna A. Komorowska, Eva Beins, Önder Albayram, Till Zimmer, Andreas Zimmer, Dario Tejera, Michael Heneka & Andras Bilkei-Gorzo. Cannabinoid 1 Receptor Signaling on Hippocampal GABAergic Neurons Influences Microglial Activity. Frontiers in Molecular Neuroscience, DOI: 10.3389/fnmol.2018.00295

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Che speranza hai dopo la diagnosi di Alzheimer?

25.01.2021 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia che cambia davvero la vita, non solo per la pe...

Ricercatori delineano un nuovo approccio per trattare le malattie degenerative

8.05.2024 | Ricerche

Le proteine sono i cavalli da soma della vita. Gli organismi li usano come elementi costitutivi, ...

Studio cinese: 'Metti spezie nel tuo cibo per tenere a bada l'Alzhei…

13.01.2022 | Ricerche

Proprio come 'una mela al giorno toglie il medico di torno', sono ben noti i benefici di...

Il caregiving non fa male alla salute come si pensava, dice uno studio

11.04.2019 | Ricerche

Per decenni, gli studi nelle riviste di ricerca e la stampa popolare hanno riferito che ...

Malato di Alzheimer: la casa di cura la paga lo Stato?

25.05.2023 | Normativa

Chi si fa carico delle spese per un malato di Alzheimer ricoverato in una casa di riposo? Scopriamo ...

Demenze: forti differenze regionali nell’assistenza, al Nord test diagnostici …

30.01.2024 | Annunci & info

In Iss il Convegno finale del Fondo per l’Alzheimer e le Demenze, presentate le prime linee guida...

La scoperta del punto di svolta nell'Alzheimer può migliorare i test di n…

20.05.2022 | Ricerche

 Intervista al neurologo William Seeley della Università della California di San Francisco

...

[Greg O'Brien] Scoprire la grazia dell'imperfezione: apprezzare la l…

11.11.2025 | Voci della malattia

"Scrivi in ​​modo forte e chiaro ciò che fa male" (attribuito a Ernest Hemingway)

<...

Ecco perché alcune persone con marcatori cerebrali di Alzheimer non hanno deme…

17.08.2018 | Ricerche

Un nuovo studio condotto all'Università del Texas di Galveston ha scoperto perché alcune...

Farmaco per Alzheimer non cambia l'eliminazione dei rifiuti a breve termi…

24.11.2025 | Ricerche

Dopo il trattamento con il farmaco, le scansioni MRI non mostrano alcun cambiamento a breve termi...

Nuovo farmaco previene le placche amiloidi, un segno specifico di Alzheimer

8.03.2021 | Ricerche

Le placche di amiloide sono caratteristiche patologiche del morbo di Alzheimer (MA): son...

Rivelato nuovo percorso che contribuisce all'Alzheimer ... oppure al canc…

21.09.2014 | Ricerche

Ricercatori del campus di Jacksonville della Mayo Clinic hanno scoperto...

Sintomi visivi bizzarri potrebbero essere segni rivelatori dell'Alzheimer…

1.02.2024 | Ricerche

Un team di ricercatori internazionali, guidato dall'Università della California di San F...

Effetti della carenza di colina sulla salute neurologica e dell'intero si…

23.01.2023 | Ricerche

Assorbire colina a sufficienza dall'alimentazione è cruciale per proteggere il corpo e il cervello d...

Rete nascosta di enzimi responsabile della perdita di sinapsi nell'Alzhei…

8.12.2020 | Ricerche

Un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA) eseguito da scienziati dello Scripps Researc...

Qualità della vita peggiora quando l'Alzheimer è complicato dal cancro

28.04.2023 | Esperienze & Opinioni

Che considerazioni si possono fare per una persona con Alzheimer che riceve anche la diagnosi di can...

Demenza: mantenere vive le amicizie quando i ricordi svaniscono

16.01.2018 | Esperienze & Opinioni

C'è una parola che si sente spesso quando si parla con le famiglie di persone con demenz...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023 | Ricerche

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

Preoccupazione, gelosia e malumore alzano rischio di Alzheimer per le donne

6.10.2014 | Ricerche

Le donne che sono ansiose, gelose o di cattivo umore e angustiate in me...

Un singolo trattamento genera nuovi neuroni, elimina neurodegenerazione nei to…

1.07.2020 | Ricerche

Xiang-Dong Fu PhD, non è mai stato così entusiasta di qualcosa in tutta la sua carriera...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)