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Identificato il meccanismo d'azione di un farmaco contro l'Alzheimer

Uno studio condotto sui topi, pubblicato su Geroscience, ha identificato il meccanismo d'azione di un composto promettente contro il morbo di Alzheimer (MA), sviluppato dal team di chimica medica e farmacologia dell'Università di Barcellona.


Il nuovo farmaco appartiene a una famiglia di molecole che, se si legano ai recettori dell'imidazolo I2, causa una riduzione della neuroinfiammazione e un miglioramento della cognizione e di altri marcatori della progressione di questa malattia, la più diffusa tra le demenze.


I risultati mostrano che questi effetti benefici avvengono quando è modulato il percorso della calcineurina. Secondo i ricercatori, questo studio preclinico apre la porta allo sviluppo di nuove terapie contro il MA, una malattia che non è ancora curabile, e anche contro altre malattie neurodegenerative.


Lo studio deriva dalla collaborazione di due team di ricerca guidati da Mercè Pallàs dell'Istituto di Neuroscienze (Ubneuro), e da Carmen Escolano dell'Istituto di Biomedicina dell'UB (IBUB), e che comprendevano anche i ricercatori Christian Griñán Ferré, Foteini Vasilopoulou, Sergio Rodríguez Arévalo, Andrea Bagán e Sònia Abás.

 

Topo modello del MA a tarda insorgenza

Il nuovo composto, che presenta un'elevata affinità e selettività per i recettori dell'imidazolo I2, è stato progettato e sintetizzato dal gruppo di chimica medica guidato da Carmen Estolano. Questi recettori sono presenti in diversi organi e prendono parte a più processi fisiologici (analgesia, infiammazione, malattie del sistema nervoso, ecc.). Inoltre, sono legati ai processi neurodegenerativi e sembrano aumentare nel cervello delle persone con MA.


Gli studi precedenti effettuati da questo gruppo di ricerca avevano mostrato l'effetto positivo di questa famiglia di composti sull'evoluzione del MA. Carmen Estolano nota:

"A seguito di quei risultati, ci siamo posti l'obiettivo di determinare il meccanismo e i parametri che cambiano quando il farmaco è dato ai modelli animali, in particolare ai topi con neurodegenerazione legata all'invecchiamento, che si considera collegabile al MA a tarda insorgenza. Cioè, quello in cui i sintomi iniziano intorno ai 65 anni".


Nell'esperimento, i ricercatori hanno analizzato diversi marcatori della progressione della malattia, nonché test comportamentali e della memoria a breve e lungo termine, per studiare gli effetti del trattamento sul comportamento e la memoria dei topi.


I risultati mostrano un miglioramento significativo degli animali che hanno ricevuto il farmaco, rispetto al gruppo di controllo. Mercè Pallàs afferma:

"La nuova molecola ha migliorato la cognizione e ha alleviato l'ansia nei topi. Inoltre, siamo riusciti a confermare a livello molecolare che il trattamento con questa molecola ha ridotto la neuroinfiammazione e lo stress ossidativo tipici del MA, e ha diminuito gli indicatori specifici della patologia, come la proteina tau e l'amiloide-beta".


Lo studio ha anche consentito ai ricercatori di capire il meccanismo d'azione del nuovo composto. Secondo Carmen Escolano:

"I nostri risultati forniscono le prove che i cambiamenti molecolari che avvengono dopo il trattamento sono legati al percorso della calcineurina, una fosfatasi enzimatica responsabile della produzione di mediatori infiammatori come le citochine o della riduzione della plasticità neuronale.

"Questi risultati aprono nuove possibilità per questa famiglia di ligandi del recettore dell'imidazolo I2, poiché il miglioramento cognitivo che producono nei modelli animali della neurodegenerazione sono determinati dal meccanismo d'azione descritto".

 

 

 


Fonte: Universidad de Barcelona (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Foteini Vasilopoulou, Christian Griñán-Ferré, Sergio Rodríguez-Arévalo, Andrea Bagán, Sònia Abás, Carmen Escolano, Mercè Pallàs. I2 imidazoline receptor modulation protects aged SAMP8 mice against cognitive decline by suppressing the calcineurin pathway. GeroScience, 31 Oct 2020, DOI

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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