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Apatia può prevedere l'insorgenza della demenza anni prima di altri sintomi

L'apatia, la mancanza di interesse o di motivazione, potrebbe prevedere l'insorgenza di alcune forme di demenza molti anni prima dell'apparizione dei sintomi, offrendo una 'finestra di opportunità' per trattare la malattia in una fase iniziale, secondo una nuova ricerca di un team di scienziati guidati dal professor James Rowe dell'Università di Cambridge.


La demenza frontotemporale è una causa significativa di demenza tra i giovani. Viene spesso diagnosticata tra i 45 e i 65 anni. Cambia il comportamento, il linguaggio e la personalità, portando a impulsività, comportamenti socialmente inappropriati e comportamenti ripetitivi o compulsivi.


Una caratteristica comune della demenza frontotemporale è l'apatia, con perdita di motivazione, iniziativa e interesse nelle cose. Non è depressione, o pigrizia, ma può essere scambiata per esse. Gli studi con scansioni del cervello hanno dimostrato che nelle persone con demenza frontotemporale l'apatia è causata dal restringimento di parti speciali nella parte anteriore del cervello, e più grave è il restringimento, peggiore è l'apatia. Ma, l'apatia può iniziare decenni prima di altri sintomi, ed essere un segno che arriveranno problemi.


Maura Malpetti, scienziata cognitiva nel Dipartimento di Neuroscienze cliniche dell'Università di Cambridge, ha dichiarato:

"L'apatia è uno dei sintomi più comuni nei pazienti con demenza frontotemporale. È collegata al declino funzionale, a qualità peggiore di vita, a perdita di indipendenza e a sopravvivenza più corta. Più scopriamo sui primi effetti della demenza frontotemporale, quando le persone si sentono ancora bene, meglio possiamo curare i sintomi e ritardare, o addirittura prevenire, la demenza".


La demenza frontotemporale può essere genetica. Circa un terzo dei pazienti ha una storia familiare della condizione. La nuova scoperta dell'importanza della precocità dell'apatia arriva dalla Genetic Frontotemporal dementia Initiative (GENFI), una collaborazione tra scienziati europei e canadesi. Oltre 1.000 persone partecipano alla GENFI, provenienti da famiglie in cui c'è una causa genetica della demenza frontotemporale.


Ora, con uno studio pubblicato in Alzheimer's & Dementia, il prof. Rowe e i colleghi hanno dimostrato che l'apatia predice il declino cognitivo anche prima che emergano i sintomi della demenza. Il nuovo studio ha coinvolto 304 persone sane portatrici di un gene difettoso che provoca la demenza frontotemporale e 296 loro parenti che avevano geni normali.


I partecipanti sono stati seguiti per diversi anni. Nessuno aveva demenza, e la maggior parte delle persone nello studio non sapeva se era portatrice di un gene difettoso o no. I ricercatori hanno cercato cambiamenti nell'apatia, testato la memoria e fatto scansioni a risonanza magnetica del cervello.


La Malpetti, prima autrice dello studio, ha spiegato:

"Studiando le persone nel tempo, piuttosto che fare una istantanea, abbiamo rivelato che cambiamenti anche sottili nell'apatia prevedevano un cambiamento nella cognizione, ma non il contrario. Abbiamo anche visto il restringimento del cervello locale in aree che supportano la motivazione e l'iniziativa, molti anni prima dell'inizio previsto dei sintomi".


Le persone con le mutazioni genetiche avevano più apatia rispetto agli altri familiari, e in due anni è aumentata molto più che nelle persone con genetica normale. L'apatia ha previsto il declino cognitivo, e questo accelerava mentre si avvicinavano all'età stimata dell'inizio dei sintomi.


Il prof. Rogier Kievit del Donders Institute del Centro medico dell'Università di Radboud di Nijmegen e della MRC Cognition and Brain Sciences Unit di Cambridge, ha dichiarato:

"L'apatia progredisce molto più velocemente per gli individui noti per avere un rischio più alto di sviluppare la demenza frontotemporale, e questo è collegato a una maggiore atrofia nel cervello. All'inizio, anche se i partecipanti con una mutazione genetica si sentivano bene e non avevano sintomi, mostravano livelli maggiori di apatia. La quantità di apatia ha previsto problemi cognitivi negli anni successivi".


Il prof. James Rowe del Dipartimento di Neuroscienze Cliniche, coautore senior, ha detto:

"Da altre ricerche, sappiamo che nei pazienti con demenza frontotemporale, l'apatia è un brutto segno in termini di vita indipendente e sopravvivenza. Qui mostriamo la sua importanza nel decennio prima che inizino i sintomi" .


Il professor Rowe ha detto che lo studio evidenzia l'importanza di indagare sul perché qualcuno ha apatia:

"Ci sono molte ragioni per cui qualcuno si sente apatico. Potrebbe essere una condizione medica facile da trattare, come nel caso di livelli bassi dell'ormone tiroideo o di una malattia psichiatrica come la depressione.

"Ma i medici devono considerare la possibilità che l'apatia preannunci una demenza e che aumenti la possibilità di demenza se non viene affrontata, in particolare se qualcuno ha una storia familiare di demenza.

"Trattare la demenza è una sfida, ma prima riusciamo a diagnosticare la malattia, maggiore è la finestra di opportunità per intervenire e rallentare, o fermare, i suoi progressi".

 

 

 


Fonte: University of Cambridge (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Maura Malpetti, Simon Jones, Kamen Tsvetanov, Timothy Rittman, John van Swieten, Barbara Borroni, Raquel Sanchez‐Valle, Fermin Moreno, Robert Laforce, Caroline Graff, Matthis Synofzik, Daniela Galimberti, Mario Masellis, Maria Carmela Tartaglia, Elizabeth Finger, Rik Vandenberghe, Alexandre de Mendonça, Fabrizio Tagliavini, Isabel Santana, Simon Ducharme, Chris Butler, Alexander Gerhard, Johannes Levin, Adrian Danek, Markus Otto, Giovanni Frisoni, Roberta Ghidoni, Sandro Sorbi, Carolin Heller, Emily Todd, Martina Bocchetta, David Cash, Rhian Convery, Georgia Peakman, Katrina Moore, Jonathan Rohrer, Rogier Kievit, James Rowe. Apathy in pre-symptomatic genetic frontotemporal dementia predicts cognitive decline and is driven by structural brain changes. Alzheimer's & Dementia, 14 Dec 2020, DOI

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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