Nessuno mi dica che l'imperativo di uccidere per misericordia e il contenimento dei costi non sono mischiati e guidati da una etica di "qualità della vita" perniciosa, che denigra e svilisce il valore morale di quelli più deboli e vulnerabili tra noi.
L'Hastings Center Report, la rivista di bioetica più influente al mondo, ha un pezzo a favore dell'eutanasia per i malati di Alzheimer. Come ho già riferito, i medici olandesi ora sono autorizzati a uccidere i malati di Alzheimer, una questione acclamata da Erik Parens, ricercatore senior dell'Hastings Center.
Da “Alzheimer's Disease and Personhood": "Come negli Stati Uniti, la conversazione olandese sul suicidio assistito è emersa principalmente nel contesto del cancro. Almeno in quel contesto, prima di accedere ad una richiesta di assistenza a morire, i caregiver devono essere sicuri che la persona abbia fatto una richiesta volontaria e attentamente valutata, e che la sua sofferenza sia insopportabile e senza prospettive di miglioramento. Gli olandesi hanno recentemente cercato di utilizzare tali criteri nel contesto dell'Alzheimer. Data l'ondata di casi di Alzheimer destinata ad irrompere sui paesi ricchi, insieme alle tecnologie emergenti per individuare il processo di malattia prima della comparsa dei sintomi, dovremmo essere grati agli olandesi per questo tentativo".
Le linee guida sono sempre state una farsa, eluse spesso senza significative conseguenze legali o professionali, compreso l'infanticidio, l'eutanasia non volontaria, e l'uccisione dei malati di mente e di dolore. E notare la linea di fondo: ai malati di Alzheimer deve essere permessa l'eutanasia.
Ma come arrivarci eticamente? Parens trova strano che cerchiamo di applicare i concetti di consenso per uccidere la gente non è più in grado di dare il consenso, e anzi, che in realtà può non sentire sofferenza. Ma, conclude Parens, dobbiamo ancora trovare un modo per giustificare la loro uccisione!: "La mia ipotesi è che non funzionerà usare i criteri del cancro nel contesto dell'Alzheimer. La mia ipotesi ulteriore è che, per fare passi avanti, dovremo attingere sia ai giudizi sulle "differenze" che sulla "malattia". Come farlo non è affatto chiaro, ma lo è che abbiamo bisogno di provare".
Queste due frasi finali ci dicono così tanto sulla natura del movimento bioetico. Il punto non è applicare i principi per determinare la correttezza o la scorrettezza di una politica proposta. Piuttosto, l'esito è predeterminato e l'obiettivo è trovare il modo migliore per giustificare quello che già vogliamo fare. O, per dirla in altro modo, trovare il mezzo filosofico migliore per sostenere i fini predeterminati.
Mi ricorda la relazione della Commissione Warren [ndt: rapporto finale della commissione sull'assassinio del Presidente J.F. Kennedy, che si ritiene sia arrivata a conclusioni pre-confezionate].
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Pubblicato da Wesley J. Smith in National Review Online il 19 Gennaio 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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