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Scoperta in Italia una proteina che protegge il nucleo cellulare dall’Alzheimer

Guardare al nucleo delle cellule per comprendere l’Alzheimer. Questo è il messaggio che lancia un gruppo di scienziati italiani coordinati da prof. Giannino Del Sal: nella loro recente ricerca hanno identificato una proteina, la PIN1, che protegge il nucleo cellulare da malformazioni. I risultati sono appena stati pubblicati sulla rivista Cell Reports.

Graphical abstract study Napoletano et alRiassunto grafico dello studio Napoletano et al.

Quando la proteina PIN1 è assente o presente in quantità ridotte, come accade nei neuroni dei pazienti colpiti dal morbo di Alzheimer (MA), il DNA perde la sua organizzazione, vengono prodotte molecole che scatenano l’infiammazione e le cellule degenerano. La scoperta è stata fatta da un gruppo di scienziati dell'ICGEB Trieste, dell’Università di Trieste e dell’IFOM di Milano, con la collaborazione della SISSA.


Le cellule dei nostri tessuti sono sottoposte a stimoli e stress di diversa natura ai quali rispondono modificando e regolando l’organizzazione del genoma e l’espressione dei geni. Un meccanismo cruciale alla base di questa capacità fa perno sulla proteina PIN1, coinvolta nella decodifica di diversi tipi di segnali che la cellula riceve, ed è per questo implicata in molteplici processi fisiopatologici. Alterazioni dei suoi livelli sono associate a diverse condizioni di malattia: mentre un aumento di PIN1 contribuisce alla formazione dei tumori e delle metastasi, la sua diminuzione è osservata nelle malattie neurodegenerative come il MA.


Fino a oggi si sapeva poco dei meccanismi molecolari che, in assenza di PIN1 o con ridotti livelli di questa proteina, portano alla degenerazione cellulare. I risultati dello studio, appena pubblicati sulla rivista Cell Reports, rivelano che la PIN1 funziona da guardiano del nucleo cellulare, preservandone la struttura e proteggendo il DNA in esso contenuto da stress di natura meccanica. A stress di questo tipo sono sempre più sottoposte le cellule durante l’invecchiamento.


Nello studio emerge che la PIN1 regola la funzione di proteine importanti per preservare la struttura del nucleo e l’organizzazione e l’ancoraggio del genoma al suo interno. Questo controllo permette al nucleo di sopportare stress meccanici senza che l’organizzazione del DNA e la regolazione dei geni venga alterata. Durante l’invecchiamento, altre disfunzioni possono portare a riduzioni significative dei livelli di PIN1. Nei neuroni ciò causa a sua volta malformazioni del nucleo, disorganizzazione del genoma, danni al DNA e produzione di molecole che scatenano reazioni infiammatorie. Queste, a loro volta e in ultima analisi, conducono le cellule nervose alla degenerazione.


Giannino Del Sal, ordinario dell’Università di Trieste, direttore del laboratorio 'Cancer Cell Signalling' all’ICGEB di Trieste e responsabile del programma di ricerca 'Segnalazione, microambiente tumorale e metabolismo cellulare' all’IFOM di Milano, che ha coordinato lo studio con la collaborazione di Simona Polo, IFOM e Università degli Studi di Milano, Fabrizio d’Adda di Fagagna, IFOM e CNR-IGM di Pavia e Claudio Tripodo, Università di Palermo e IFOM e di Remo Sanges and Antonello Mallamaci della Sissa, spiega:

«Diverse alterazioni nell’organizzazione del genoma e nell’attività dei geni sono associate all’invecchiamento e possono comportare danno al DNA e infiammazione, contribuendo alla degenerazione cellulare. Tra queste alterazioni, una in particolare sta emergendo per la sua particolarità e rilevanza: l’attivazione di sequenze mobili del genoma dette trasposoni, che hanno la capacità di spostarsi all’interno del genoma cellulare danneggiando il DNA e causando quindi ulteriori problemi. È proprio l’anomala attivazione di questi elementi mobili del genoma che abbiamo osservato come prima conseguenza della mancanza o riduzione dei livelli di PIN1».


Francesco Napoletano, ricercatore dell’Università di Trieste, biologo genetista esperto di drosofila, primo autore dell’articolo assieme alla postdottorato Gloria Ferrari Bravo, spiega:

«Abbiamo capito, studiando la drosofila, il moscerino della frutta, che la PIN1 è essenziale per tenere sotto controllo queste sequenze mobili, in particolare in presenza di stimoli meccanici come quelli legati alla formazione di aggregati intracellulari tipici del MA, e che questo meccanismo protegge il DNA, soprattutto durante l’invecchiamento quando questi stress sono più significativi.

"Esso coinvolge la regolazione della struttura stessa del nucleo con un meccanismo conservato dalla drosofila fino agli esseri umani. Tale meccanismo risulta alterato nei pazienti con MA, nei cui campi biologici abbiamo osservato una riduzione dei livelli di PIN1 addirittura superiore alle attese, associata all’attivazione anomala degli elementi mobili».


Le malattie legate all’invecchiamento, come le malattie neurodegenerative e il MA, hanno un impatto sempre più rilevante dal punto di vista sociale e sanitario, visto il progressivo aumento dell’età media della popolazione e la mancanza di terapie risolutive e/o di marcatori utili a diagnosticare la malattia o prevederne l’evoluzione.


«Questo studio»,
afferma Del Sal «ha portato a identificare proteine la cui funzione può essere modulata farmacologicamente allo scopo di prevenire o migliorare il decorso di malattie dell’invecchiamento come il MA. La prima è la PIN1, ma abbiamo individuato anche altri possibili bersagli. L’obiettivo è ora sviluppare molecole che ne promuovano la funzione protettiva nei confronti del nucleo cellulare e verificarne l’effetto in modelli preclinici della malattia».


«Infine»,
conclude Del Sal, coinvolto in un programma di ricerca collaborativa sostenuto da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro e dedicato allo studio delle metastasi come malattia 'meccanica', «ci sono altre malattie legate all’invecchiamento dove gli stimoli meccanici hanno un ruolo determinante: i tumori. Stiamo attivamente conducendo le nostre ricerche anche in questa direzione, per comprendere meglio il ruolo di PIN1 e del meccanismo che abbiamo scoperto in quel contesto, e come possiamo sfruttarlo a nostro vantaggio per sviluppare nuove strategie terapeutiche».

 

 

 


Fonte: ICGEB-International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology

Riferimenti: Francesco Napoletano, Gloria Ferrari Bravo, Ilaria Anna Pia Voto, Aurora Santin, Lucia Celora, Elena Campaner, Clara Dezi, Arianna Bertossi, Elena Valentino, Mariangela Santorsola, Alessandra Rustighi, Valentina Fajner, Elena Maspero, Federico Ansaloni, Valeria Cancila, Cesare Fabio Valenti, Manuela Santo, Osvaldo Basilio Artimagnella, Sara Finaurini, Ubaldo Gioia, Simona Polo, Remo Sanges, Claudio Tripodo, Antonello Mallamaci, Stefano Gustincich, Fabrizio d’Adda di Fagagna, Fiamma Mantovani, Valeria Specchia, Giannino Del Sal. The prolyl-isomerase PIN1 is essential for nuclear Lamin-B structure and function and protects heterochromatin under mechanical stress. Cell Reports, 14 Sep 2021, DOI

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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