I caregiver ricevono spesso consigli riguardo l'importanza di prendersi cura della propria salute e del proprio benessere mentre affrontano con i loro cari il viaggio nel morbo di Alzheimer (MA).
Fondamentalmente, significa che hanno bisogno di eseguire azioni e seguire approcci per prendersi cura della propria mente, del corpo e dello spirito. L'auto-compassione è simile, ma si riferisce più a un atteggiamento. L'auto-compassione, enfatizzata negli insegnamenti buddisti, descrive i passaggi che devi seguire per amarti in modo naturale e sano.
Sulla base di queste filosofie, la dott.ssa Kristin Neff, prof.ssa associata all'Università del Texas di Austin, ha definito e introdotto nella letteratura della psicologia positiva i costrutti misurabili di auto-compassione: auto-gentilezza, umanità comune e consapevolezza. Fondamentalmente, ha spiegato la Neff, l'auto-compassione è "semplicemente accettarci con un cuore aperto".
Il caregiver di MA dovrebbe essere consapevole dei concetti di auto-compassione, ed essere in grado di perdonare e accettare se stessa/o, specialmente in situazioni che sono travolgenti, frustranti e con fraintendimenti, che è spesso il caso.
Piuttosto che essere critici o giudicare se stessi duramente quando si sta già percependo dolore emotivo, i caregiver devono imparare a riconoscere l'influenza negativa dell'auto-giudizio e trattare invece se stessi con calore e pazienza.
Lo psicologo clinico Steven Hickman, direttore e fondatore del San Diego Center for Mindfulness dell'Università della California di San Diego, spiega: "L'auto-compassione è l'atto di notare quando stai lottando, di riconoscere che è una parte reale dell'essere umani, e di essere gentile con te stesso piuttosto che picchiarti".
L'auto-compassione costruisce la resilienza, aiutando i caregiver nelle sfide che affrontano ogni giorno. Quell'auto-compassione, dice Hickman, "ci permette di resistere alle difficoltà senza mandarci in una spirale di auto-critiche o auto-accuse o vergogna".
Le evidenze in una revisione pubblicata in Clinical Psychologist suggeriscono che gli individui che praticano più auto-compassione sono più propensi ad avere migliori relazioni, dimostrate dal calore e dalla convalida emotiva, oltre a maggiore consapevolezza emotiva, chiarezza e accettazione.
L'auto-compassione è legata anche alla maggiore capacità di rispondere allo stress in modo più flessibile e aiuta a ridurre la depressione e l'ansia. Coloro che sono auto-compassionevoli sono meno propensi a impegnarsi in elusione dannosa e in preoccupazione, che a sua volta può dare protezione dai disturbi emotivi.
L'auto-compassione può comportare un drastico cambiamento di prospettiva e richiede l'adozione di nuovi approcci, fatto che può richiedere pratica. Ad esempio, i caregiver dovrebbero provare a trattarsi come farebbero con un amico, diventando consapevoli dei dialoghi interni negativi, trovando piccoli modi di auto-gentilezza, tenere un diario giornaliero e fare meditazione guidata.
Cerca online la meditazione amorevole-gentile sviluppata dalla scrittrice e istruttrice di meditazione buddista Sharon Salzberg.
"Con l'auto-compassione, riconosciamo il dolore e la sofferenza come parte dell'esperienza umana, insieme alla gioia e alla bontà", dice la Neff.
Fonte: Dana Territo in The Advocate (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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