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Identificate proteine che prevedono il rischio futuro di demenza e Alzheimer

Lo sviluppo della demenza tardi nella vita, spesso causata da morbo di Alzheimer (MA), è associata a livelli anormali nel sangue di dozzine di proteine ​​fino a cinque anni prima, secondo un nuovo studio guidato da ricercatori della Johns Hopkins University. La maggior parte di queste proteine ​​non era ancora stata collegata alla demenza finora, il che suggerisce nuovi obiettivi per terapie di prevenzione.


I risultati sono basati su nuove analisi di campioni di sangue di oltre diecimila persone di mezza età e anziani, campioni che sono stati presi e conservati durante studi su larga scala decenni fa, nell'ambito di uno studio continuo. I ricercatori hanno collegato livelli sanguigni anormali di 38 proteine ​​al rischio più elevato di sviluppare il MA entro cinque anni. Di quelle 38 proteine, 16 sembravano prevedere il rischio di MA con due decenni di anticipo.


Sebbene la maggior parte di questi marcatori di rischio possa essere composta solo da sottoprodotti accidentali del lento processo di malattia che porta al MA, l'analisi ha indicato i livelli elevati di una proteina (SVEP1) come un probabile contributo causale a quel processo di malattia. Lo studio è stato pubblicato il 14 maggio su Nature Aging.


"Questa è l'analisi più completa del suo genere fatta fino ad oggi, e fa luce su diversi percorsi biologici collegati al MA", afferma l'autore senior Josef Coresh MD/PhD/MHS, professore nel Dipartimento di Epidemiologia dell'università. "Alcune delle proteine ​​che abbiamo scoperto indicano solo che la malattia può essere in atto, ma un sottoinsieme di loro può essere causalmente rilevante, fatto entusiasmante perché solleva la possibilità di puntare queste proteine ​​con trattamenti futuri".


Si stima che più di 6 milioni di americani abbiano il MA, il tipo più comune di demenza, una condizione irreversibile e fatale che conduce alla perdita di funzione cognitiva e fisica. Nonostante decenni di studio intensivo, non ci sono trattamenti che possono rallentare il processo di malattia, per non parlare di interromperlo o invertirlo. Gli scienziati assumono ampiamente che il momento migliore per trattare la malattia è prima che siano evidenti i sintomi di demenza.


Gli sforzi per valutare il rischio di MA prima che sorga la demenza si sono focalizzati principalmente sulle due caratteristiche più ovvie della patologia cerebrale di MA: ciuffi di proteina amiloide-beta chiamati placche e grovigli di proteine ​​tau. Gli scienziati hanno dimostrato che le scansioni cerebrali delle placche, e i livelli nel sangue o nel fluido cerebrospinale di amiloide-beta o tau, hanno validità per prevedere il MA con anni di anticipo.


Ma gli esseri umani hanno decine di migliaia di altre proteine ​​distinte nelle loro cellule e nel sangue, e negli ultimi anni c'è stato un grande progresso nelle tecniche per misurare molte di queste partendo da un singolo campione di sangue. Un'analisi più completa con tali tecniche potrebbe rivelare altri annunciatori di MA? Questa è la domanda alla quale Coresh e colleghi hanno cercato di rispondere in questo nuovo studio.


L'analisi iniziale dei ricercatori ha coperto i campioni di sangue prelevati nel periodo 2011-2013 da oltre 4.800 partecipanti di mezza età all'Atherosclerosis Risk in Communities (ARIC), un grande studio epidemiologico dei fattori di rischio e degli esiti correlati alle malattie cardiache, che è attivo in 4 comunità statunitensi dal 1985.


I ricercatori, collaborando con l'azienda di tecnologie di laboratorio SomaLogic, hanno usato una sua tecnologia sviluppata di recente (Somascan) per registrare i livelli di quasi 5.000 proteine ​​distinte nei campioni conservati dall'ARIC. I ricercatori hanno analizzato i risultati e hanno trovato 38 proteine ​​i cui livelli anormali si associavano con significatività a un rischio più elevato di sviluppare il MA nei cinque anni dopo il prelievo di sangue.


Poi hanno usato SomaScan per misurare i livelli di proteine ​​in oltre 11.000 campioni di sangue prelevati da molti partecipanti ARIC più giovani, nel periodo 1993-95. Hanno scoperto che i livelli anomali di 16 delle 38 proteine ​​precedentemente identificate si associavano allo sviluppo del MA nei quasi due decenni intercorsi tra tale prelievo di sangue e una valutazione clinica eseguita nel 2011-13.


Per verificare questi risultati in una popolazione diversa di pazienti, gli scienziati hanno rivisto i risultati SomaScan precedenti di campioni di sangue presi nel 2002-06 durante uno studio islandese. Tale studio aveva saggiato delle proteine che comprendevano 13 di quelle 16 ​​identificate nelle analisi ARIC. Di quelle 13 proteine, 6 sono state nuovamente associate al rischio di MA su un periodo di 10 anni.


In un'ulteriore analisi statistica, i ricercatori hanno confrontato le proteine ​​identificate con i dati di studi precedenti sui collegamenti genetici con il MA. Il confronto ha suggerito con forza che una delle proteine ​​identificate, la SVEP1, non solo è un indicatore incidentale del rischio di MA, ma è coinvolto nell'innesco o nella guida della malattia.


La SVEP1 è una proteina le cui funzioni normali rimangono in qualche modo misteriose, anche se in uno studio pubblicato all'inizio di quest'anno è stata collegata alla condizione delle arterie addensate (aterosclerosi), che sottende attacchi di cuore e ictus.


Altre proteine associate al rischio di MA nel nuovo studio comprendevano diverse proteine immunitarie chiave, il che è coerente con decenni di scoperte che hanno collegato il MA a un'attività immunitaria anormalmente intensa nel cervello.


I ricercatori hanno in programma di continuare a usare tecniche come SomaScan per analizzare le proteine in campioni di sangue conservati da studi a lungo termine, e identificare i potenziali percorsi che scatenano il MA, una strategia potenziale per suggerire nuovi approcci di trattamenti per la malattia.

 

 

 


Fonte: Johns Hopkins University (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Keenan Walker, Jingsha Chen, Jingning Zhang, Myriam Fornage, Yunju Yang, Linda Zhou, Morgan Grams, Adrienne Tin, Natalie Daya, Ron Hoogeveen, Aozhou Wu, Kevin Sullivan, Peter Ganz, Scott Zeger, Elias Gudmundsson, Valur Emilsson, Lenore Launer, Lori Jennings, Vilmundur Gudnason, Nilanjan Chatterjee, Rebecca Gottesman, Thomas Mosley, Eric Boerwinkle, Christie Ballantyne, Josef Coresh. Large-scale plasma proteomic analysis identifies proteins and pathways associated with dementia risk. Nature Aging, 2021, DOI

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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