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Prendi la vita alla leggera quando invecchi? Sbagliato.

Messaggio di un nuovo studio di Lieberman: "Poiché ci siamo evoluti per essere attivi durante la nostra vita, il nostro corpo ha bisogno di attività fisica anche in vecchiaia"

Daniel Lieberman (left) and cardiologist Aaron BaggishDaniel Lieberman (sinistra) e il cardiologo Aaron Baggish si esercitano insieme (Foto: Kris Snibbe / Harvard)

Tutti noi sappiamo che l'esercizio fa bene. Alcune persone possono persino sciorinare i motivi per cui mantiene forti i muscoli e le articolazioni, e come combatte alcune malattie. Ma quante persone possono dirti perché e come l'attività fisica è stata inglobata nella biologia umana?


Un team di biologi evolutivi e ricercatori biomedici di Harvard se ne è occupato con un nuovo studio pubblicato questa settimana in PNAS. Il lavoro definisce le evidenze evolutive e biomediche che mostrano che gli umani, che si sono evoluti per vivere molti decenni dopo aver smesso di riprodursi, si sono evoluti anche per essere relativamente attivi nei loro ultimi anni.


I ricercatori dicono che l'attività fisica più tardi nella vita sposta l'energia lontano da processi che possono compromettere la salute e verso i meccanismi nel corpo che la estendono. Ipotizzano che gli umani si sono evoluti per rimanere fisicamente attivi mentre invecchiano, e nel farlo allocano energia ai processi fisiologici che rallentano il graduale deterioramento del corpo nel corso degli anni. Queste ci protegge dalle malattie croniche, come le cardiovascolari, il diabete di tipo 2, e persino alcuni tumori.


"È un'idea diffusa nelle società occidentali che quando invecchiamo, è normale rallentare, fare meno, e andare in pensione", ha detto Daniel E. Lieberman, biologo evolutivo di Harvard, primo autore dello studio. "Il nostro messaggio è il contrario: mentre invecchiamo, diventa ancora più importante rimanere fisicamente attivi".


Il team di ricerca, che include Aaron Baggish e I-Min Lee della Harvard Medical School, crede che lo studio sia la prima spiegazione evolutiva dettagliata del motivo per cui la mancanza di attività fisica nell'invecchiamento aumenta il rischio di malattie e riduce la longevità.


Baggish, di 47 anni, cardiologo dei New England Patriots e della nazionale di calcio USA, e Lieberman, 57 anni, sono compagni di corsa da lungo tempo e spesso hanno discusso le idee che sono entrate nel documento durante le corse del mattino da 8 a 16 km.


Lo studio ha usato i gorilla, cugini degli umani, come punto di partenza. I ricercatori sottolineano che le scimmie, che solitamente vivono solo 35/40 anni in natura e raramente sopravvivono alla menopausa, sono notevolmente meno attive della maggior parte degli umani, suggerendo che c'è stata una selezione nell'evoluzione umana non solo per vivere più a lungo ma anche per essere più attivi fisicamente.


"Ci siamo evoluti fondamentalmente da poltronari", ha detto Lieberman, che ha osservato due volte gli scimpanzé selvatici in Tanzania ed è rimasto sorpreso da quanto della loro giornata trascorrono "seduti sui loro sedere, digerendo".


Questo è particolarmente stridente quando si confronta con i cacciatori-raccoglitori contemporanei, che fanno in media circa 135 minuti di attività fisica da moderata a vigorosa al giorno. Quel livello di movimento - circa da 6 a 10 volte di più dell'americano medio - è ritenuto un motivo chiave per cui i cacciatori-raccoglitori che sopravvivono all'infanzia vivono circa sette decenni, circa 20 anni oltre l'età in cui gli umani smettono di avere figli, e hanno anche una "vita in salute" più lunga, definita come gli anni della vita trascorsi in buona salute.


I ricercatori hanno esaminato due percorsi con cui l'attività fisica per tutta la vita riesce a riallocare l'energia per migliorare la salute. Il primo comporta dirigere l'energia in eccesso lontano da meccanismi potenzialmente dannosi, come la conservazione del grasso in eccesso. Il team ha anche identificato come l'attività fisica alloca energia per riparare e fare manutenzione ai processi. La ricerca mostra che, oltre a bruciare calorie, l'attività fisica è fisiologicamente stressante, causando danni al corpo a livelli molecolari, cellulari e dei tessuti. La risposta del corpo a questo danno, tuttavia, è essenzialmente di ricostruire più forte.


Ciò include riparare strappi nelle fibre muscolari, i danni alle cartilagini e guarire le microfratture. La risposta comporta anche il rilascio di antiossidanti e antinfiammatori correlati all'esercizio e il miglioramento del flusso sanguigno. In assenza di attività fisica, queste risposte sono attivate meno. I processi di riparazione cellulare e del DNA hanno dimostrato di ridurre il rischio di diabete, obesità, cancro, osteoporosi, Alzheimer e depressione.


"Il punto chiave da ricordare è che, poiché ci siamo evoluti per essere attivi durante la nostra vita, il nostro corpo ha bisogno di attività fisica per invecchiare bene. In passato, l'attività fisica quotidiana era necessaria per sopravvivere, ma oggi dobbiamo scegliere di fare esercizio, cioè attività fisica volontaria, per il bene della salute e della forma"
, ha detto Lieberman.


Il team di ricerca, che include i dottorandi Timothy Kistner e Daniel Richard, spera che lo studio renda difficile ignorare questo messaggio. I livelli di attività fisica sono diminuiti in tutto il mondo perché macchine e tecnologia sostituiscono il lavoro umano. Un recente studio del laboratorio di Lieberman ha dimostrato che gli americani sono coinvolti in minore attività fisica di quanto lo fossero 200 anni fa.


Il consiglio dei ricercatori? Alzati dalla sedia e fai un po' di esercizio.


"La chiave è fare qualcosa e cercare di renderla piacevole, quindi continuerai a farla", ha detto Lieberman. "La buona notizia è che non è necessario essere attivi come un cacciatore-raccoglitore. Persino piccole quantità di attività fisica, solo 10 o 20 minuti al giorno, riducono il rischio di mortalità".

 

 

 


Fonte: Juan Siliezar in Harvard University (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Daniel Lieberman, Timothy Kistner, Daniel Richard, I-Min Lee, Aaron Baggish. The active grandparent hypothesis: Physical activity and the evolution of extended human healthspans and lifespans. Proceedings of the National Academy of Sciences, 2021, DOI

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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